| |
La soffitta dei pipistrelli dormienti
I racconti di Elisa Sala Borin
rivelano una sapienza alchemica dell’autrice che dosa con misura i toni del
fantastico e della fiaba, sublimando l’evento quotidiano in parabola.
In quadri descrittivi quanto mai
vividi (non a caso l’autrice è impegnata anche nell’arte della pittura)
l’autrice ci restituisce come nota la sfera dell’improbabile o del magico,
permettendo così una sorta di immersione in un mondo parallelo affatto lontano e
per questo non temibile. D’altronde le vicende narrate sono semplici e
consentono all’autrice di sondare le variabili della psiche umana, l’adattamento
alle vicende del mondo contro i retaggi dei fantasmi che albergano nella mente.
Compaiono anche i fantasmi nella più consueta delle aspettative, ma la cifra di
questa scrittura sta più nel profilare i suoi personaggi come in un bozzetto e
nel farli reagire con gli eventi affinché di ognuno emerga un gesto dolcemente
memorabile. Anche gli oggetti, la natura e gli animali si animano di fantastico,
ma nel tratteggiare il carattere umano, e in particolare quello femminile, la
Borin pare sentirsi maggiormente a suo agio. Ignoriamo se prediliga la
ritrattistica in pittura, me nella scrittura non abbiamo dubbi. E sono proprio
le figure disseminate nei racconti che ci accompagnano nei vari episodi con tono
pacato, senza sobbalzi (non sappiamo se sia appropriato, ma lo stesso tono lo
ricordiamo nella voce fuori campo della celeberrima serie TV “Ai confini della
realtà”).
Leggere questo libro da la
sensazione di una passeggiata in un bosco in cui risuonano richiami di uccelli
rari. E indifferente è che il bosco sia reale o virtuale, come la rete internet
(in particolare la messaggistica telematica) protagonista di uno dei racconti
(l’autrice non disdegna frequenti richiami alla quotidianità e questo rende
particolarmente familiari le ambientazioni); la sorpresa non appare mai a
sbigottire, ma si insinua pian piano e anziché creare uno shock risuona,
appunto, perché in qualche modo già accennata da impercettibili spie. E quando,
come al cospetto di un gufo in pieno giorno, si trattiene il fiato, si riprende
subito il respiro memori di quei versi che gli appartenevano.
| |
 |
Recensione |
|