La tempesta dell’amore
Ci sono sicuramente tanti modi di raccontare l’amore, il
più controverso tra i sentimenti.
Michela Vitturi ce lo narra attraverso immagini,
situazioni, percorsi, che cercano di catturare il suo aspetto più sfuggente e
meno immediato, sicuramente il più appassionato e misterioso.
“E io sto
/ come racchiusa / in questa bolla / di sapone, /
seppur discretamente / illuminata. / Non ora, non ora. / Ma è in questo mare / che
voglio / annegare.”: in questi versi è ben espressa la capacità dell’autrice
di descrivere le profondità del suo animo, e allo stesso tempo di raccoglierne
le istanze più intime.
Senza paura di “annegare”, Michela Vitturi vive con
intensità ogni emozione, che poi viene resa immortale dal ricordo, e trasmessa
dalla poesia che può finalmente traghettare le varie sfaccettature del
sentimento, in una nuova dimensione più pura e vera.
L’autrice esprime senza retorica il bisogno dell’altro e
dei suoi consueti gesti, come il desiderio di un sublime abbandono che possa
superare ogni distacco, e qualsiasi incomprensione: “L’angoscia è passata.
/
Chiudo i miei occhi. / Fiduciosa, mi abbandono a te, / mi lascio andare, / ora posso
dormire.”
I testi di Michela Vetturi sono contraddistinti da un verso
breve e un ritmo incalzante, tesi ad esprimere la povertà del quotidiano se su
di esso non si affaccia l’amore, pur con tutte le sue contraddizioni, e le onde
emotive che provocano la “tempesta” citata come titolo dell’opera.
Pur “senza reti / senza appigli / senza radici / fin dalla
nascita”, l’autrice è sempre alla ricerca di una nuova sensazione, di una
“dolcissima preda”, capace di dare un motivo all’esistenza, e a lottare per
una nuova felicità; “(..) un vaso / di puro cristallo / atto ad accogliere
/ e
rifrangere / la luce / e i suoi mille e mille colori”.
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