| |
Minacciosi schiumano i flutti
Maksim Gorkij,
pseudonimo di Aleksej Maksimovic Peškov, è autore di cui non occorre celebrare
la grandezza e la centralità nella letteratura mondiale, nonché il ruolo che
rivestì nella formazione di un ambiente di pensiero che condusse alla
rivoluzione del 1905 e poi del 1917, che pure non vide l’autore tra i più
convinti assertori e motivatori.
Benché più noto
come narratore e come tale considerato uno dei fondatori della moderna scrittura
russa, Gor’kij fu costantemente impegnato anche nella scrittura in versi, oltre
che in quella drammaturgica, sebbene l’atteggiamento che lo stesso autore
confessò era di una inevitabile propensione verso la scrittura poetica che
tuttavia non doveva e non poteva essere pari alla scrittura in prosa.
Ciononostante l’opera in versi di Gor’kij, anche se meno pregnante e
significativa della grande narrativa di cui fu rappresentante, offre molti
spunti di attenzione e di riflessione.
Se nei propri
romanzi e nelle drammaturgie Gor’kij è costretto a seguire una linearità
narrativa e se in tali prove rinveniamo sempre un impegno civile e una forte
caratterizzazione dell’umanità dei protagonisti e del loro ruolo nella società e
nella storia, il campo offerto dalla poesia sembra più aperto ed eterogeneo.
Dalla
condizione umana all’amore, dall’imponenza della natura al rapporto con la
morte, nessun tema è sottratto alla penna dell’autore. Campione della scrittura
realista, Gor’kij nella scrittura in versi cede ad un certo simbolismo, in
particolare per quanto attiene la mitizzazione dei sentimenti e delle condizioni
umane (“La Morte indossò le scarpe e le pezze da piedi / E, appena giunse la
notte lunare, / S’avviò, più minacciosa d’una nube autunnale”), la
solitudine dell’individuo ed un certo pessimismo (“Ma come potremo vivere
poi? / Che cosa ci porterà questo orrore? / Che cosa salverà la mia anima /
Dall’odio verso le persone?”)
che tuttavia
vede un valido reagente nella fiducia che il nostro nutre per la volontà di
riscatto dell’uomo.
È infatti nelle
intuizioni più ispirate, laddove si insinua un elemento di intimità e rapimento
(E sulla pelle vellutata, di daino, / Si vedevano chiaramente le stelle dei
baci“) ovvero nella bellezza di una natura che eleva le tristi condizioni
dell’uomo (“Afa. Quiete…Una veduta stupenda! / Là, lontano, - il mare dorme,
/ Dalle rive son cadute sulle onde / Le ombre di esili mandorli, / Ei platani vi
immergevano I Il verde rigoglioso dei rami;”) che la scrittura di Gor’kij si
impenna e si sublima, raggiungendo livelli non inferiori alla scrittura in
prosa.
| |
 |
Recensione |
|