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Nihilissimo canto
L’opera prima di Roberto
Fassina si contraddistingue per una lirica fortemente intrisa di introspezione,
caratterizzata a sua volta dalla delicatezza delle immagini evocate, e da un
immaginario vivido, insieme aspro e incantato.
“S’invernano | stagioni d’amore; | ne’ ventri invizziti
| implòdono | di saggezza ultime | molecole, esili DNA | per altro Spazio-Tempo.
| Elisione purissima”: la caducità del tempo,
delle espressioni umane che seguono l’andamento perentorio delle leggi fisiche
rispetto ai sentimenti, è un elemento che accompagna la raccolta, chiave di
lettura per addentrarsi nella scrittura di Roberto Fassina, in cui si afferma un
io lirico particolarmente forte e presente.
I testi dell’autore sono
serrati, di grande densità espressiva e privi di retorica, scritti in una forma
che ben aderisce alla volontà del “Nihilissimo canto”, a dispetto del titolo
pieno di istanze umanissime, colme di sentimento maturo e profondo.
“E così sia! | e sia così! | Poiché più in là | non si può andare |
a vomitare angoscia, | perché le Stelle sono | lontane, così lontane | da non
sentir tepore | né calore di vita fra i capelli | Il gelo di Plutone sfideremo | a denti stretti bestemmiando piano.”:
l’universo lontano, incomprensibile nel “suo” tempo, inaccessibile all’uomo, nel
“suo” gelo, è lo spettatore di un fatale andare, dove il limite è la stessa
quotidianità, che però il pensiero riesce a sfidare, nella propria mente
valicando l’ignoto.
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Recensione |
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