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Pagine sul filo sottile del tempo
Provenendo
dal verso la scrittura in prosa della Ferrari mantiene una puntualità ed
una pregnanza non comuni. E così come nel suo percorso in poesia l’autrice pone
frequentemente il suo sguardo sulla natura e sulla inimitabile e fugace portata
evocativa ce questa può offrire, allo stesso modo nei suoi racconti di cui qui
si scrive, viene offerta al lettore una serie di quadri in cui poter immergersi,
ancora una volta caratterizzati dalla presenza imperante e familiare di una
natura sconosciuta a molti ma non alla Ferrari, che in quell’ambiente, alle
pendici di maestose montagne, è cresciuta.
Dunque, con
la sintesi della poesia e con la presenza dominante di una benevola natura,
l’autrice fissa nella memoria, sua e del lettore, momenti di un tempo trascorso
e di una società ormai mutata, in cui ogni cosa e ogni persona si rappresentava
nei propri contorni, assumendo quasi un valore allegorico e caratterizzandosi
nell’esperienza altrui come tassello di un mosaico.
A
differenza di analoghe prove letterarie, pensiamo agli affreschi di Mario Rigoni
Stern sulle popolazioni dell’altipiano, le stanze del ricordo in cui ci ospita
la Ferrari scavano nell’intimo di sensazioni che, proprio perché irripetibili,
possono costituire un universale nel momento in cui l’arte li rende comuni. Ed è
in questo passaggio che l‘abilità dell’autrice fa si che da un elemento
prettamente fisico si sprigioni un contesto emozionale, alla stregua di una
madeliene proustiana.
La lettura
di queste prose, in compendio con le opere poetiche della Ferrari, concede
all’estimatore dell’autrice di arricchire la conoscenza della stessa, spiegando
nell’ambito dell’esperienza infantile della poetessa molte delle istanze che
trapelano dei versi. Chi, invece, non avesse mai letto la Ferrari, ha
l’occasione di visitare una scrittura complessa e ispirata da una porta
tutt’altro che secondaria, trovando un’ ospitalità preziosa e avvolgente a cui
non sarà facile sottrarsi.
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Recensione |
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