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Testimonio eternamente errante.
La simbologia
biblica nel primo e nell’ultimo Veniero Scarselli
La produzione letteraria di Scarselli risente di una
vocazione e di un vincolo. La vocazione è quella dell’uomo neo-rinascimentale
che, appassionato di varie branche del sapere e della ricerca, lascia che a
sublimare la propria conoscenza siano i versi di una poesia che potremmo
definire totale, nel senso che mira ad una ridefinizione della natura sensibile
alla luce dei propri dettami. E proprio questi dettami vanno a costituire il
vincolo, dal momento che lo spirito trascendentale che anima la scrittura di
Scarselli configura, di verso in verso, il primo motore dell’intera realtà
“cantata” e che, trovando luogo nell’autore in una profonda fede, viene infine
ad essere il Dio cristiano, Creatore dell’universo.
Tuttavia la ricerca di Dio non è questione pacificata,
nella scrittura di Scarselli, poiché lo spettro della tentazione si palesa come
incursione deviante nell’alterazione della simbologia e nell’introduzione
dell’elemento fortemente terreno costituito dalla corporeità.
A tale conclusione perveniamo grazie alla lettura che
Rossano Onano offre di due testi poematici, scritti all’inizio e alla fine
dell’esperienza creativa di Scarselli, con il passo dell’esegeta e la lucidità
del critico. Condotti nel canto di Scarselli grazie agli anelli di congiunzione
interpretativi offerti da Onano, individuiamo alcuni elementi che marcano
peculiarmente questa scrittura: dalla presenza amniotica del mare che configura
il tessuto esistenziale primigenio, al ricorso all’archetipo biblico del
rapporto tra Adamo ed Eva, in cui però si inserisce un insistito elemento
erotico nonché un (non del tutto risolto) complesso edipico sia nei confronti
della madre (presente come figura di riferimento), sia nei confronti del padre
(assente).
Al cospetto del caos, anch’esso da considerare quale
archetipo, rappresentato dalle multiformi e inquietanti ombre della natura
umana, che ostacolano e animano il sempiterno peregrinare della navicella umana,
parrebbe, nonostante tutto e nonostante il richiamo alla divinità, non esserci
rimedio, quasi che comunque, dalla cacciata dell’Eden, l’uomo fosse comunque
destinato a perdersi nella vicende del mondo. Eppure alla lettura dei versi
riportati e delle riflessioni di Onano, si insinua il dubbio, peraltro suggerito
dallo stesso Onano, che una chiave di lettura e di svolta sia costituita dalla
stessa poesia. Il commentatore lascia al punto di domanda la questione posta da
Scarselli relativamente all’approdo ultimo, alla vera permanenza della
dimostrazione di Dio (dello Spirito) una volta scongiuratane la fine. Se
davvero, come suggerisce Onano, per Scarselli in ultima analisi, o meglio in
ultimo afflato, ciò che rimane e trascende sarebbe proprio la poesia, vorremo
proporre un ulteriore passo avanti dell’interpretazione di questo autore,
aggiornando l’intuizione e ravvedendo nella “poesia” una varietà del rito:
sarebbe quindi grazie alla componente rituale (leggasi liturgica) della poesia
che l’uomo, forse, si emanciperebbe dalla propria sorte e potrebbe affrancarsi
dagli abissi del caos che, altrimenti, renderebbe vana ogni sua scelta.
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Recensione |
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