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Va segnalato per l’importanza
dell’evento poetico l’ultimo prezioso libretto di versi di Lucio Zinna,
intitolato La porcellana più fine, con prefazione di Rodolfo Di Biasio,
apparso nella collana Palinuro diretta da Aldo Gerbino per i caratteri di
Salvatore Sciascia, Caltanissetta, maggio 2002. Sono comprese solo ventiquattro
poesie, ma tutte di straordinaria profondità, respiro ed attualità, e che si
aprono su di un versante di poesia/riflessione anziché di poesia/specchio,
aforisma colto ed improbabile tracciato tra il caos e il logos, ipotesi di
distinzione e discrimine tra la tenebra e la bellezza, esalazione e decantazione
del superfluo e degli azzardi, ricapitolazione e, breviario dell’essenziale,
soglia di saluto in formula totale di presenza e di partecipazione ad ogni più
esiguo fremito o vibrare di foglia delle cose del mondo, straor-dinario esempio
di poesia antilirica, ma invece argomentativa e razionale, che però
sorpren-dentemente appare costruita sull’incanto vaporoso di un io poetico
centripeto. Quasi ogni testo
ingaggia un percorso
d’autore à rebours e si illumina nel pregio di un sicuro sigillo
autobiografico, valido ad autenticare l’universalità del dire con l’inveramento
della vicenda personale d’autore. La poesia eponima ci parla del massimo alito
della bellezza umana prima che l’esa-lazione e la levità dell’essere giungano a
cedere il passo al sovrumano, cioè ci parla della spe-ranza, con una splendida
allocuzione poetica che mai nomina la spes, se non d’inopinata toccata e
fuga. | |
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Recensione |
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