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L'erbosa riva
di Rossano Onano

in: Elio Andriuoli e Sandro Gros-Pietro,
L'erbosa riva, Genesi Editrice, Torino 1998.

Rossano Onano è nato a Cavriago di Reggio Emilia nel 1944. Laureato in Medicina all'Università di Milano, lavora come medico specialista psichiatra al Centro salute Mentale di Correggio.

Ha pubblicato il primo libro di poesia, Gli umani accampamenti, Manduria 1985, come tentativo, allora giocosamente ambizioso, di dare veste poematica al “Trattato di psicopatologia” di F. Minkowski. Il primo editore bocciò, ritenendola inverosimile, una composizione riferita ad un'esperienza professionale diretta. La stessa composizione fu accettata dal secondo editore, l'indimenticabile Giampaolo Piccari, nella seconda pubblicazione, Gli umani accampamenti, Forlì, 1987: l'Autore aveva aggiunto, a calce della poesia, la nota: “La realtà, dal punto di vista clinico descrittivo, è sgradevolmente enfatica”. Da allora, Onano mantiene una netta e quasi felice dissociazione fra realtà (professione) e gioco (poesia).

Pubblicazioni successive: Dolci velenosissime spezie, Forlì 1989; Inventario del motociclista in partenza per la Parigi-Dakar, Pescara 1990; Rosmunda, Elmichi, altri personaggi di Evo Medio, Milano 1991; Viaggio a Terranova con neri cani d'acqua, Foggia 1992; Le ancora chiuse figlie marinaie, Castel Maggiore 1994; La trasmigrazione atlantica degli schiavi, Milano 1995; Il senso romanico della misura, Pescara 1996. Collabora a diverse riviste letterarie. Gli scritti critici sono stati raccolti dalla Genesi Editrice, Il pesce di Ishikawa, Torino 1998.

L'andamento narrativo e descrittivo del dettato può servire a svelare l'intento poematico di Rossano Onano, che, infatti, è uno degli scrittori più compiutamente danteschi di questa antologia, e che, per complessità ideativa e rappresentazione della commedia Dio/Uomo, si pone come secondo solo a Giorgio Barberi Squarotti, da lui differenziandosi in modo molto netto per la vocazione quasi totalmente riservata allo sviluppo del solo polo umano, in modo da ridurre l'intreccio dialogico con la divinità ad una sorta di monologo ottativo e risarcitore, anche ironico e drammatico: una ritorsione del Non omnis morior.

*

L'indigeno nudo che caccia le perle sommerse nel mare
scoprì un galeone a tre alberi sghembi con anglo acuto;
tuffato in cambusa, elusa la vigile guardia dei polpi,
trattenne il fiato finché si sentiva scoppiare i polmoni.
Fissò ad una corda uno scrigno che forse teneva tesori.
A riva lo aprì, fatta leva col ramo dell'ananas,
e lo vide riempito di conii d'argento e dobloni spagnoli:
ma più fu colpito dalle alghe contorte e molluschi
e dalle conchiglie che insieme alla cassa facevan tutt'uno.
Vendette l'argento e i dobloni per comperare una casa
fatta di foglie di manghi e due giovani mogli,
ed una terza più anziana perché provvedesse ai bisogni.
Mise alghe e conchiglie in un'urna di vetro, e la sera
passava il suo tempo seduto a guardarne i colori.
(Minkowski: La linea di demarcazione tra il patologico e il normale deve orientarsi nel senso dell'organizzazione reale della nostra vita cosciente, con tutte le pecche, tutte le debolezze, tutti i fattori secondari e in parte parassitari che essa comporta e che le conferiscono il suo vero fascino)

(da Gli umani accampamenti)

*

A Terranova, ci assaltarono alcuni neri cani d'acqua
magri sotto la pelliccia arricciata: non sparate, suggerì
l'irochese (noi ponevamo le slitte a cerchio attorno al fuoco
acceso) il sangue è caldo, richiama altri simili animali
golosi: così per tutta la notte guardammo i grandi occhi
rossi, fermi, attenti gli uni e gli altri a poco rumorosi
respiri: quindi riprendemmo all'alba il cammino in una silenziosa
fila indiana, quasi una disperata fuga tranquilla, lungo
tutto il percorso abbandonammo alcune indispensabili derrate
alimentari, le donne, i bambini. La città ci raccolse senza
mercanzia, spogli, non fu possibile concludere buoni affari.

*

Noi che non portiamo occhi per le cose, ancora, possiamo
garantire che la persona portava panni marroni, come
una tunica monacale, diritta. Non sappiamo riferire connotazioni
fisiche, gli occhi, a causa della vestizione le caratteristiche
sessuali (non fosse per una nazarena barba
biforcuta, fiammeggiante): però il suono della cornamusa, il tamburo
sopra le spalle, i piatti: e tutti quei ragazzini incantati
che ci abbandonavano. Arrivano ancora cartoline con
francobolli colorati, strani illeggibili saluti.

(da Viaggio a Terranova con neri cani d'acqua)

*

Le fate sono nel cortile collocate a corona
quando la più eternamente giovane si alza, decide
di correre un minuetto intorno al pozzo disposto
nel mezzo (i piani edilizi avevano una geometrica
partitura, dal centro partivano lastre di colorato
porfido, a raggiera); le consanguinee la seguono
conquistate, si forma una ellittica catena
garrula, non si capisce da dove provenga la musica
che le accompagna; poi, dalle case escono i bambini
svegliati, si accodano, hanno pigiami colorati, ciascuno
porta una variante di danza, sguaiatamente gridano
le filastrocche; allora, ad una ad una si accendono le luci, le
finestre si spalancano, le donne hanno mestoli d'acqua
nelle mani, rovesciano il contenuto sulla piazza, chiamano
i bambini; le fate si ricompongono in cerchio, hanno
i capelli bagnati, convengono silenziosamente
l'aspettazione del novilunio (poi, a quiete ricomposta
compare un'alba freddissima, gli uomini escono
dalle porte, ciascuno torna al lavoro usato); noi non
sappiamo come il cortile diventi deserto, subito, dove
possano trovare ricetto le dispendiose presenze notturne.

*

Vorrei lasciarti un regalo pertinente
prima di partire per la caccia alla foca
polare (sono animali come il maiale ottusi
e pratici, non si butta via niente): forse
una figura di donna in legno di palissandro
liberty (decorativo stile di decadente
apatia): la femmina porta una pesante
tunica, di severa plissettatura, è assisa
gravemente: è pletorico, ammettiamo senza
riserva, lo specchio quadro nella mano che corrisponde
al cuore, il serpente raccolto a paragone
di bracciale, attento, nella destra: tuttavia
guarda (qualora non sopravvenga notizia
o saluti, almeno, dalla navigazione
spesa a fini bassamente speculativi) guarda
qualche volta, senza impegno, questa conclusa
rappresentazione allegorica, atona, della speranza.

*

La catenella era sul prato, strappata, nonostante
l'evidenza si cercarono indizi quasi verosimili
di sopravvivenza, si organizzarono alcune volonterose
spedizioni di soccorso: (il maresciallo era fra tutti il più
concitato, rauco, comandava: non bisogna abbandonare
la speranza): infatti quello di noi più coraggioso, il più
giovane, si offrì volontario per la discesa nella grotta
spalancata, legò la corda attorno ai fianchi sottili (disse:
tenete ferma l'estremità, voi che restate fuori): e scomparì
esitando, la voragine era silenziosa, come di foglie
secche calpestate: sopravvenne poi da quella profondità
un rumore, però sordo: (eppure è primavera, constatò
il maresciallo): aspettavamo: passò molto tempo, passò
molto tempo prima che il silenzio divenisse baratro, le nostre
percezioni ne erano totalmente occupate, da quella
stasi l'aria era gravata, stagna, di una aspettazione
inquieta: (non possiamo aspettare così): avanzammo senza
ordini superiori, finalmente, i gomiti erano affiancati
intorno alla nostra lentissima circospezione, il maresciallo
ci precedeva: quando improvvisamente si fermò, fece segno
verso una figura nitidamente magra collocata sul
fondo esatto del lungo budello cieco: ci fermammo: la donna
era seduta quietamente, orribile, mostrava una nudità
tuttavia trasparente come di pitonessa che muta: (per quale
motivo tutti provammo, fascinati, una appetizione
illogica a quella visione diafana di ventre vuoto che
pulsava?): quando la terribile alzò teneramente gli occhi
rosa, sorrise, puntava verso la nostra cognizione l'unghia
scarlatta, disse: non così, vi prego, entrate disposti ad uno
ad uno: sorrise ancora ed aspettava: (a terra erano i resti
recenti della creatura scomparsa, le lunghe ossa pulite
dell'ultimo soccorritore, altri avanzi erano antichi
a cumuli votivi sul fondo esatto di quella grotta perduta).

*

Le anime formano una fila lunga bianca, hanno
sopra la fronte una sottile benda stretta, cantano
sommessamente, si tengono per mano, la trasparenza
è tuttavia pervasa da un herpes doloroso, a macchie
metameriche, viola come sulla tovaglia il vino
travasato, avanzano lentamente, incontrano barriere
architettoniche coperte di manifesti colorati, poi
finalmente una muraglia libera, la oltrepassano
sollevate, solo l'ultima anima piccolina apre
la porta, chiede permesso, incontra le consorelle dentro
l'edificio, fa quasi freddo, l'anima più greve riconosce
la pianta a croce della cattedrale, trasmette alla seconda
la notizia, tutta la fila lunga viene informata, avanzano
infatti tranquillizzate, occupano il centro della maggiore
navata, nessuno se ne avvede, siedono sopra la panca
dell'abside, il chierichetto avverte una ventata di anice
fresca e muffa recente di pino, si distrae, il prevosto
lo richiama con una occhiata breve, porta a compimento
la funzione, la popolazione dei praticanti esce, è quasi
sera, la cattedrale è buia, il sagrestano chiude tutte
le porte, l'herpes viola ha ricevuto lenimento, le macchie
sono diventate pallide, le anime aspettano ancora, poi
la meno ineffabile si alza, dà il segnale, passano
il muro, l'anima piccolina apre la porta sebbene fosse
sprangata, la fila lunga si ricompone, è oramai
buio, si allontanano e cantano sommessamente, la città
non aveva avuto sentore di questa sortita, seguì
del resto una rara notte calma, la gente rimase a lungo
svegliata, il medico di guardia non venne disturbato.

*

Il rimatore provenzale si ritrovava spaesato
alla corte moresca di Federico,
l'imperatore sperimentava le falconerie
a ore praticava l'amore cortese.

Enzo scriveva le poesie, l'altro figlio
era biondo e il ciglio era da un colpo diviso
le palermitane li mangiano con gli occhi, l'imperatore
corre le strade con una corte nera di giannizzeri.

Il trovatore cantò le vergini, le castellane
normanne, i mariti facevano la commissione, di
poesia capì come si possa vivere, praticava
perfettamente le composizioni chiuse.

Egli amava la dolce terra di Francia
di più morigerate costumazioni, l'isola
del sole aveva vapori lividi d'aria, guardando
lontanamente si vedono le fate morgane.

(da Il senso romanico della misura)

Di naviganti che sono ritornati

*

Chiede a me l'accoglienza, discorsivo, si accomoda
sopra il tappeto celeste accanto al fuoco nomade.
Ti racconto, partecipa accostando la canestra
della frutta e una lattina di birra, la guerra
etica condotta contro gli occupatori oscuri
di semafori, le bombe artigiane collocate
dentro le bambole dalle vampiresse bambine,
le punitive sortite contro le volitive
mercantesse d'amore, che hanno la veste rossa.
Io ascolto, e veloce cade la notte equatoriale.
Vedi, continua fissando attentamente la danza
delle odalische, questa tensione liberatoria
è stata inutile, si tratta di popolazioni
invincibili e molto corrosive, hanno distrutto
l'arsenale e le mura alte della cittadella.
Tace, solleva la mano verso la ballerina
più musicale e partecipe, indica disfatto
la tenda, scompare seguito dalla creatura
terrestre, sento i respiri lungo la notte nera.
Fino a quando irrompe e dilata il rumore del vento,
e tanti occhi attenti aspettano la smorzatura
del fuoco, quando è così lontana l'alba e livida
preme l'ansia l'ora ghiacciata della mattutina.

*

Sappiamo di naviganti che sono ritornati.
Hanno toccato mari e crateri spenti, prossimi
alla luce viola rapinosa senza connotato
di tempo, esausti, la terra dalla lontananza
premeva sul cuore come mai. Riferiscono
della visione folgorata, bevono vino
nelle cantine residue, fabulatori. Si tratta,
dicono, di una sagoma azzurra e paurosa
di donna, immensa che sorride, spalanca le braccia
tentacolari, le ascelle sono depilate. Quali
misure potrebbe avere di seno, di fianchi?, chiede
l'avventore. Non so, l'astronauta sospira, so
che sulla mantella riflette mondi e la Terra, e gli occhi
sono terribili e azzurri e non li dimentico
mai. Per questo controllo le partenze, aspetto
la defezione possibile di passeggeri. Sarà
la nuova partenza definitiva e nuziale.
Sarà cruenta come qualsiasi fuga d'amore.

*

Molto acuto, come una spina di rosa fra unghia
e falangetta, come un urlo di bimbo perduto
nel bosco all'ululo sfatto delle lupe puerpere,
noi ti cercavamo e tu contrapponi ad ogni tesi
l'antitesi, noi refrattari a tutte le sintesi

conciliative, noi adoratori di fiammelle
fatue, tu che per questo motivo t'incazzi molto
e molto a sproposito visto che sei scomparito,
e anzi quasi mai comparso se non a fatica,
noi ti cercavamo e molto acuto come una spina

di rosa fra unghia e falangetta che non ha sangue
e suppura, tu lontananza e fattura di maga
e lordura, intellego devi sapere quia absurdum
non abbiamo capito, abbiamo perso la speranza
di non cercarti o speranza di non cercarti ancora.

*

Mancino di cuore, l'abile architetto terrestre
elabora un piano di collocazione edilizia
dispendioso ma funzionale per la futurità,
si tratta di costruire mura perimetrali
attorno alla città quadrata di vetro lucente,
lungh'esso nicchie parallele a forma di cellule
uguali fra loro a causa della democrazia
sopravvenuta, in esse trovano ricetto a turno
gli abitatori solidali, schiacciano il pisolo
ristoratore, il congegno acustico incorporato
li risveglia dopo le ore opportune, cedono
la posizione riposati ad altri che attendono,
alcune nicchie sono doppie per alcuni esteti
primordiali che desiderano fare l'amore,
queste ultime sono provviste di ritrovati
contraccettivi per non aggravare la pletora
della popolazione, la città è quieta oltre
ogni limite di sopportabilità, per questo
l'architetto è mancino, non capisce, noi ed altri
pochi residui mangiatori di carne di manzo
siamo fuggiti, abbiamo raggiunto la circostante
foresta oscura, clandestini, abbiamo organizzato
la resistenza, infatti dormiamo sotto la luna
lungamente, siamo chiusi, pratichiamo nascosti
la fornicazione, le donne forti fanno leva
su rami bassi, expulgono bambini carnivori,
usano nell'esercizio fonemi dolorosi
che sono stati per uso molto drammetizzati.

*

Quasi una fuga concordata d'amore
nella savana occupata di cavallette
determinati e raccolti per il calore
residuo che il corpo conclude e trasmette.

Peccato la fame bianca delle predatrici
e il nostro ricorrere come nutrimento
a fiori di piante grasse e radici
velenose dissotterrate dal vento.

Tu lo sapevi che noi eravamo abbracciati
finché il veleno non ci avesse offesi
vergine poesia di carità e peccati
d'amore prima che ci fossimo arresi.

*

Tu prendi il fucile, intanto, punta l'orca marina
evoluta in ragione di ali rapaci, quasi
onnivora piratessa compulsa su logiche
razzie, così bianca. Ti do questo nuovo e pratico
comandamento (sentenzia il pescatore pressando
con una sospetta cura il tabacco nella pipa
di schiuma, lento). Non è poco, credimi (continua
considerando l'ansia di rivelazione) non è
poco. Si danno casi di draghi luciferini
trafitti ab antiquo, ma non abbiamo sicurezza
di questa operazione. Vedi (glossa infine mentre
leva l'ancora e colloca al vento la velatura
minima), la carne orrida non ha mercato. Non
come le alici di mare medio in questa prossima
notte priva di luna, o le sarde nane, raccolte
attorno all'unica luce lasca della lampara.

*

Il vecchio uomo ha il tascapane azzurro di tela
lo apre, estrae lentamente una unta carta
di drogheria, la svolge con attenzione rituale
distende il foglio sopra il muro d'argine, si siede
all'ombra che offre l'unico cipresso alto
mangia con attenzione cerimoniale, estrae
anche un rettangolare cartone di vino, beve
a piccoli sorsi, silenzioso, il cielo ha colore
torbido di esalazioni carboniose, solo
alcune farfalle mimetiche sopravvivono
a volo lento sopra le foglie opache, il vecchio
uomo è tuttavia quasi felice, scrive
usando una matita colorata sopra fogli
raccolti chissà dove, bianchissimi, rimane
così assorto lungamente e sorride, un bambino
si avvicina timido però incantato, chiede
che cosa scrivi?, il vecchio uomo solleva gli occhi
affabilmente, risponde io scrivo una specie
di poesia, emette una dolcissima voce
musicale, il bambino ride, agita correndo
al vento i capelli ricciuti, si avvicina, il vecchio
uomo posa la matita colorata sopra il muro
d'argine, tende lentamente la mano al binbo
luminoso, l'aria si fa leggera, lo uccide.
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