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Note sugli Autori
di La bellezza di Amanda
Rossano Onano
e Pietro Paganelli
la
Scheda del
libro
saggistica

Sandro Gros-Pietro
Rossano Onano nasce a
Cavriago nel 1944, si laurea in medicina a Milano, vive a Reggio Emilia ove
esercita la professione di medico specialista psichiatra.
L'esordio in poesia risale a
Gli umani accampamenti, 1985; L'incombenza individuale, 1987;
Dolci velenosissime spezie, 1989; Inventario del motociclista in partenza
per la Parigi-Dakar, 1990; Rosmunda, Elmichi, altri personaggi di Evo
Medio, 1991; Viaggio a Terranova con neri cani d'acqua, 1992; Le
ancora chiuse figlie marinaie, 1994; La trasmigrazione atlantica degli
schiavi, 1995; Il senso romanico della misura, 1996; Preghiera a
Manitou di Cane Pazzo, 2001; Appunti ragionati di prossemica, 2002;
Ammuina, 2009. Nel 1998 ha pubblicato la raccolta di saggi critici
intitolata Il pesce di Ishikawa seguito nel 2006 da L'ultimo respiro
di Cesare; nel 2010, con Veniero Scarselli, Diafonie poetiche a
contrasto. Ha ottenuto numerosi riscontri premiali e mantiene un'ampia
collaborazione e un'attiva presenza con le riviste di poesia.
L'accostamento di Rossano
Onano alla poesia interviene come fosse l'approdo non casuale del suo viaggio di
ricerca intorno alla psiche dell'uomo. Si manifesta come viaggio à rebours,
cioè un percorso che partendo dalla ricognizione intorno alla psiche umana
punta a risalire ad una agnizione del linguaggio poetico. Onano realizza
l'esatto sovvertimento della teoria classica, che, appunto, parte dalla
definizione del linguaggio per arrivare alla rappresentazione della psiche. Da
questo rovesciamento nasce quel gusto del contrario, della negazione,
dell'antifrasi che tanta parte ha nella costruzione dell'ironia di Onano.
L'ironia è il vero viaggio al termine della notte di Onano: l'ironia è la
distruzione garbata e la messa in stato di accusa di ogni facile conquista della
conoscenza. Solo la poesia – ossia l'unica voce di giullare tollerata al
convivio dei sapienti – può edificare questa forma di sopra-sapienza-orfica
che è l'ironia, nella speranza che Dio ami ridere.
Elisa Pellacani
Si racconta che quando
nel 1942 a Modena nacque Pietro Paganelli, una cara amica della madre, che
l'assisteva in tutto e quindi anche al parto, dopo il primo vagito prese il suo
cordone ombelicale e lo andò a seppellire in cortile, sotto una rosa.
Lena, così si chiamava,
credeva ai miti, agli astri ed in particolare ad una vecchia leggenda: se
l'ombelico di un neonato veniva seppellito, la sua vita era tracciata, sarebbe
diventato un artista. Sarà stato per questo, che essendo già “artista” di
nascita la sua famiglia lo indirizzò a studi scientifici. Dopo la Laurea in
Biologia ha lavorato in multinazionali Farmaceutiche dedicandosi
contemporaneamente alla pittura che da alcuni anni è diventata la sua attività
esclusiva.
La vocazione a dipingere è
stata precoce, si affiancava agli studi e al lavoro, ma è sempre stata segreta.
Modena, da sempre, è una
città viva culturalmente, in particolar modo lo era negli anni Sessanta. Si
andava al bar Grande Italia a prendere un caffè e capitava d'incontrare
musicisti e artisti di ogni genere: si passava la giornata e nascevano amicizie
che arricchivano. Senza dimenticare “Il Nazionale”, un vero e proprio caffè
letterario.
Se si collegano queste
frequentazioni, le partecipazioni alle mostre, ai convegni letterari e il
teatro, Paganelli non si può più definire pittore autodidatta.
Nel 1965 è
co-fondatore del Teatro Sperimentale di Modena dove esordisce come attore
e scenografo. In quegli anni stringe
amicizie con artisti importanti grazie ai quali matura il suo percorso
espressivo personale. Partecipa a svariate
manifestazioni identificandosi con uno pseudonimo.
Nel 1973 è interessato
attivamente all'arte naif: organizza mostre nazionali all'Antoniano di Bologna,
scrive d'arte e presenta Artisti. Cura volumi d'Arte tra cui: Itinerari naif,
I fioretti di S. Francesco, i fioretti Vivi, illustrati dai più qualificati
pittori naifes.
Si appassiona e diventa
esperto di Art-Brut grazie al suo lavoro che si svolge a contatto con
psichiatri e nei centri di Igiene Mentale; scopre lavori di Arte-Terapia
prodotti da pazienti. Nel 1975 vince la medaglia
d'argento alla II Mostra d'Arte Sacra a Roma.
Nello stesso anno partecipa e
vince il III premio assoluto di pittura della 53a Fiera di Milano. Il premio gli
viene personalmente consegnato da Salvatore Fiume. Prosegue esponendo in varie
città italiane e estere conseguendo riconoscimenti.
Al 1999 data la mostra al
Castello dei Ronchi. Il Mito, la Favola, l'Allegoria.
La sua opera artistica
continua nell'impegno della denuncia dei vizi e dell'ingiustizia sociale con la
mostra Simbolismo Percettivo del 2005 tenutasi alla Galleria del Palazzo
Ducale di Pavullo del Frignano (Modena) e con la mostra Vizi e Virtù capitali
del 2009 al Centro F. di Nazareth di Modena.
Ci sono volte che al
linguaggio mancano le parole. Si usano allora mezzi espressivi che già non sono
ricerca artistica, ma necessari strumenti utili all'esigenza personale di
comunicare. Neppure pensando a un interlocutore, ma solo come ultima via per non
tenersi tutto dentro. Certo, la comunicazione – qualunque forma essa possa avere
– richiede coraggio. Di superare o non fermarsi alle problematiche tecniche, di
uscire allo scoperto, di trovare la concentrazione richiesta per non arrendersi
alla forma. Quando Paganelli mi mostrava le tele e i disegni che aveva fatto per
un libro – questo libro – mi sembrava che quell'Art Brut che tanto mi diceva
averlo affascinato fosse entrata dentro di lui: non tanto per le scelte
stilistiche, che in Paganelli mi sembrano irrinunciabili e forse obbligate,
quanto per il traguardo del coraggio di superare il muro, e finalmente
mostrarsi, usando le armi a disposizione, dichiarando, non più da scienziato ma
da vero artista, che c'è un limite sottile tra la ragione e l'Arte. Così sottile
che, infine, può perdere d'importanza.
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