| |
Precedenza di critica su
Scaramazzo
di Rossano Onano
la
Scheda del
libro

Sandro Gros-Pietro
Precedenze di critica
Prefazione a Preghiera a Manitou di Cane Pazzo
Questo libro di versi di
Rossano Onano risulta essere composto da altri sette libri di poesia. Se si
usasse l'espressione di libro dei libri, sommuoveremmo pudore per l'eccessiva
enfasi biblica. Il titolo, tuttavia, è un offerente predicato religioso:
evocazione, soggezione e ribellione nei confronti dell'ordine dell'universo,
parafrasi che allude al disegno della volontà di dio o semplicemente a dio, tout
court. Al centro del discorso poetico dell'autore, a giudizio di chi scrive,
deve essere collocata la visione e la rappresentazione di ciò che potremmo
definire la pragmaticità religiosa, che è come intendere quell'intreccio di
obiettivi culturali, utilitaristici e funzionali che la religione svolge tuttora
e che ha sempre svolto in passato nell'architettura sociale di una qualsiasi
polis, cioè di un consesso umano organizzato e autoregolamentato, più
propriamente diremmo codificato. Potremmo individuare il referente culturale di
questi biblia di Rossano Onano in Emile Durkheim, nel suo studio
intitolato Le forme elementari della vita religiosa, nel quale si afferma
che “il rituale funziona come l'officina del fabbro, è la fucina in cui i membri
di una collettività sono gettati e dalla quale usciranno profondamente segnati e
codificati”. L'indagine sul rito e sulla liturgia è, dunque, il sofisticato
obiettivo alluso di queste poesie. Forse, parrà più corretto parlare di
proiezioni mitopoietiche sulla vita quotidiana della polis e, quindi, sulla
società organizzata. Agli inizi del ventesimo secolo, Sigmund Freud aveva
annotato che i riti religiosi presentano forti analogie con i comportamenti
ossessivi dei nevrotici, e che nella liturgia e nei cerimoniali sono richieste
delle gestualità comportamentali ripetute indefinitamente finché divengono
automatismi codificati tali da consentire l'immedesimazione e il riconoscimento
dell'individuo nel gruppo sociale e nella fede religiosa che adotta quel codice.
Nell'opulenza laica e aconfessionale della società odierna il valore della fede
si è quasi totalmente annullato o per lo più tende a sopravvivere come discorso
deviato sul sociale e sulla carità, la ricerca di dio diventa una ricerca del
prossimo che ci vive accanto, il compagno di viaggio diviene tramite destinale,
diviene approdo del viaggio, come se la religione sia divenuta ricerca intorno
al volto dell'uomo anziché intorno al volto di dio. Al processo di dissolvenza
dei valori alti e fondanti della fede, che imponeva un rituale d'identificazione
traslato nel volto di dio – per cui l'opera d'arte doveva essere divina – si è
andato sostituendo una serie sempre più ossessiva di rituali di comportamento
con il prossimo, con l'amico allo stadio, con il viaggiatore in treno, con il
commensale al ristorante, con il collega in ufficio, per cui l'opera d'arte
dovrà essere umana. Il rituale dei gesti quotidiani iterativi, ripetitivi,
rassicuranti, inquietanti, in ogni caso codificati è la preghiera continuativa e
cantilenante con cui l'uomo moderno cerca se stesso e il suo prossimo nella
polis, è quel poco o tanto di pragmaticità religiosa che è presente nella nostra
vita. Sotto questo profilo, la Preghiera a Manitou di Cane Pazzo è prima
di tutto un sorprendente breviario di rituali codificati di proiezione
mitopoietica suula realtà quotidiana.
In altre occasioni di studio
intorno ai lavori letterari di Rossano Onano, mi è già capitato di osservare
quanto egli collochi “al centro dei suoi interessi antropologici la
psicologia-psichiatria, che è poi anche il metodo maieutico per eccellenza, e
gli collochi accanto ed insieme, nella sua rappresentazione binaria della
centralità del problema, anche la poesia, che è pure narrazione dialogica e
dialettica del reale e dell'io-poeta”. La correlazione tra poesia e
psico-psichiatria è, dunque, l'architrave portante dell'intenzione letteraria di
Onano. Il rito ed il sogno sono, invece, i due elementi compositivi basilari di
tutto il suo materiale poetico. Rito e sogno, sia l'uno che l'altro, si sposano
con un enunciato narrativo e descrittivo, sostanzialmente denotativo, indicativo
e qualificativo, sviluppato su di un versante prosodico della poesia,
controllato nei rapporti di quantità degli intrecci, nelle misurazioni dello
spessore massivo dell'eloquenza e degli apparati di retorica e di suasione. Il
segnale esteriore del rituale è sovente dato dalla ripetizione speculare del
discorso, sia pure talvolta deformata o variata. Si tratta di un efficace
espediente retorico a cui Onano ricorre con leggiadra maestria:
Lo straniero usava le
posate d'argento, il coltello
affilato a lama di punta e
taglio, beveva
[…]
Infatti,
egli ricompariva, usava le
posate d'argento, il coltello
affilato a lama di punta e
taglio, beveva
[…]
Raccolse quindi lentamente
le posate
d'argento, il coltello
affilato a lama di punta
e taglio […]
In altre occasioni la
ripetizione diviene quasi un ritornello, come se fosse un rondeau o un motivo
corale, un comportamento collettivo, quasi individuasse un'etnia, tutto ciò
ancora di più serve a dare il senso del rito cerimonioso e codificato, del
mistero religioso:
Le donne si
ricomposero, a turno
servivano la minestra, il
cuore, altre sanguinose carni
di seconda macelleria, uva
nera.
In altri casi, invece,
la ripetizione si propone nell'essenzialità di un sigillo criptico e misterioso,
per fare assurgere parossisticamente il valore del codice comportamentale fino
alla stringata, esclusiva e misterica adozione di una parola d'ordine.
Tieni a destra il mare,
lontanamente
Sul sogno, invece, è
quasi impossibile sapere scegliere gli esempi perché tutta la poesia di Onano è
onirica: è la visione di un'altra realtà, è un'altra storia, un altro mondo, una
deformazione continua, un'allucinazione realistica ovvero una realtà
continuamente esasperata da allucinazioni e contrappuntata di visionarietà, più
sovente da incubi e più raramente da incantamenti idilliaci. Realtà e fantasia
sono amalgamate, allora, in una collusione compromissoria insolvibile. Questo
mondo colluso è popolato di maghi e maghesse, cavalieri e principesse,
musulmani, califfi, ammiragli, selvaggi, creature delle tenebre, diavoli, uri,
creature angelicate, antropofagi di vorace appetito, guerrieri di carriera,
grassatori, stupratori, assassini, santi, martiri, sirene, marinai, medici
ospedalieri, caimani, cavallette e filosofi: c'è un bestiario poetico tra i più
riccamente assortiti della nostra contemporaneità letteraria. In questo mondo
dei sogni ad occhi aperti si rappresenta il rituale che da sempre si ripete
identico a se stesso nei tempi dei tempi e nei luoghi dei luoghi: lo scandalo
del dolore che affligge non solo l'umanità, ma in generale ogni forma di vita.
Il dolore e le panacee per eluderlo ovvero le pratiche per diffonderlo
rappresentano, dunque, il filo rosso della narrazione poetica del nostro autore,
il quale finisce per fornirci la nozione terrigna ed immanente della vita umana
e dei suoi annessi e connessi in campo biologico. Così una poesia che si muove
in partenza su intenti denotativi e descrittivi finisce, a destino, per
risolvere il discorso con esiti connotativi ed interpretativi dell'esistenza
stessa di cui, nelle pagine precedenti, avrà fornito tanti esempi rielaborati o
artefatti dall'invenzione. Quello conclusivo è un approdo amaro, pronunciato
nell'asciuttezza atea dell'improponibilità del confronto o del riscatto premiale
post-mortem, a conferma che quello di Onano è un interesse tutto laico per la
pragmaticità della religione e a conferma che il discorso rimane sempre rivolto
sul versante umano, anche là ove si parla di categorie metafisiche e di divinità
maggiori o minori del cielo empireo: Cane Pazzo è un ribelle nei confronti di
Manitou, perché monta in sella al rovescio, cioè perché mostra le spalle
all'ordine costituito delle cose, cioè all'ordine imposto da dio. Ma nel mondo
di Manitou c'è posto anche per il rovescio dell'ordine divino. Nel mondo di
Manitou, infatti, non esiste Lucifero, che è la negazione di dio, ma esiste il
rovesciamento dell'ordine come possibilità di accogliere e di partecipare
all'ordine delle cose. Da questa assunzione contraddittoria della verità nasce
l'ironia di Onano, che diviene un vero e proprio misuratore della vita: è vita
ciò che ammette la contraddizione ironica di Cane Pazzo, cioè il rovesciamento
della verità come accoglienza della verità.
Vale la pena di citare un
saggio ed esaustivo parere di Rea Silvia Motti sulla poesia di Rossano Onano,
ove si mette bene in luce l'impegno di intellettuale, la ricerca esistenziale e
il metodo di indagine narrativa adoprata dal poeta: “Ben difeso dal suo
armamentario straniante, di poeta alessandrino maledetto, precitato per sua
unica colpa nella nebbia più fitta di un fine secolo attentamente considerato
con la sollecitudine intellettuale dell'interprete instancabile ed originale, il
poeta cerca il contenuto della poesia nell'autenticità della sua esperienza
esistenziale della realtà. E indaga/racconta , com'è ormai il suo costume,
frammenti di verità con un realismo esasperante, lasciandosi guidare dal suo
stesso mestiere di poeta elegante e tuttavia imperfetto all'espressione di un
sentimento dell'essere che è tutt'uno con il suo pensiero.”
Tra gli esempi meglio
riusciti del sogno allucinato compiuto ad occhi aperti vi è la breve
composizione di tre quartine, che si principia all'insegna dell'esorcista:
L'esorcista raccoglie il
cuore dell'indemoniata
lo colloca nella piccola urna
di cristallo
nascosta sotto la tunica
ambigua d'ermellino
percorre i ponti pensili
della città notturna.
Dalle navate si levano
bambini saziati
che hanno succhiato il
midollo delle prostitute
essi compongono una fila
lunga silenziosa
la sirena marina accompagna
l'eco dei passi.
Raggiungono il posto delle
corazzate d'altura
attraverso le onde che si
sono spalancate
fino a che l'ammiraglio
ammaina la bandiera nera
poi su tutti si chiude la
grande pancia del mare.
Si tratta di una poesia
particolarmente indicativa, malgrado la brevità, perché in essa sono contenute
alcune fra le metafore più ricorrenti in Onano, a principiare dalla deformazione
delle pratiche di liturgia del sacerdote esorcista, per continuare con i
contrassegni dei potenti (l'ermellino) e con quelli degli umili (la tunica)
collusi e compromessi insieme, per giungere all'innocenza dei fanciulli
arrovesciata in crudità e crudeltà da cannibali e da mezzani, fino a perdersi in
una evanescenza di sirene che incantano di sotto ai ponti pensili delle città,
su uno sfondo a perdere di guerresca corazzata che cede alle onde tracimanti,
con vessilli ripiegati, e con ammiraglio sconfitto da un “naufragar” che non
pare leopardianamente “dolce”, il tutto che sprofonda nella voracità abissale
del mare, archivio insaziabile della memoria, in grado di digerire e di
metabolizzare la storia intera degli uomini e non solo degli uomini. La
narrazione dei fatti procede per enunciazioni frante ed interrotte
dall'inopinato sopraggiungere di nuove occasioni episodiche. Ogni volta il senso
appare scerpato dall'irruenza del nuovo messaggio che sopraggiunge. Più voci
vorticano nei versi a protestare la loro storia ovvero la loro versione della
storia in competizione con quella delle altre voci, in campo e fuori campo, che
disputano lo spazio versale.
L'autore ricorre allo
stratagemma dell'intreccio caotico delle parole e dei significati per riuscire
ad indurre con efficacia nel lettore una sensazione predominante d'indefinitezza
del discorso, pur in presenza di uno scrupoloso puntiglio descrittivo,
esercitato fin nei particolari. Si conferma un punto già sostenuto più volte: la
poesia di Rossano Onano non aspira a rappresentare l'infinito divino, ma è
invece rivolta a descrivere l'indefinito umano. Il discorso indefinito permette
di cambiare continuamente l'orientamento, come succede a Cane Pazzo che monta la
cavalcatura al contrario e che vede ciò che gli sta davanti sopraggiungergli
dalle spalle. Dalla possibilità di rovesciare il discorso, si è già detto che
nasce l'ironia di Onano, che è un'ironia particolare nel senso che è anch'essa
capovolta e rovesciata. Se nell'etimologia della parola è ironico colui che
interroga fingendo di non sapere, l'ironia rovesciata di Onano è quella di colui
che risponde fingendo di sapere; di colui che ci racconta una storia qualsiasi
fingendo di saperla, ma subito quella storia si presenta non raccontabile,
perché ogni storia è inevitabilmente “tutte le storie” che sono state
inghiottite nella pancia del mare, cioè tutte le storie del pianeta nel passato
e nel futuro, in tutti i luoghi della terra, cioè la più totale storia
indeterminata.
Talvolta, infine, l'ironia di
Onano, che è sempre ironia consustanziale al modo di intendere la poiesis,
abbandona la dissimulazione velata ed assume, invece, l'atteggiamento aperto
della derisione a bella posta, con le forme di un discorso scosso da uno
scompiglio incontrollabile, una sorte di soqquadro mentale che vuole essere
confusione provocatoria e specchio interiore delle nostre confusioni e delle
nostre idiozie, come possono essere gli esempi seguenti:
Bisogna diffidare delle donne
che hanno i capelli biondi e i peli intimi neri
Mancava l'aria così
totalmente, che le nuvole
erano sul posto invecchiate
Fu selezionata una razza di
uomini di pelle
grassa, solitari come spinosi
cactus, non bevevano
Fondamentale cura pone
Rossano Onano nella scelta e nell'impiego del linguaggio poetico. Giova al
riguardo richiamare quanto aveva già scritto il compianto Silvio Bellezza, nel
1995 sulla rivista Vernice: “[...] parole che vengono modellate in modo
inusitato, e, altrove, costruzioni grammaticali del tutto inedite, uso
ricorrente di parentetiche piuttosto lunghe, nelle quali si riscontrano
parafrasi pertinenti – anche in senso ironico – o in qualche modo attinenti
alle proposizioni che immediatamente le precedono. “ Esempi di questo lessico
inusitato – ma ormai sappiamo che dovremmo definirlo deformato o
rovesciato, nel senso che abbiamo voluto attribuito prima a tali
qualificazioni – possono essere i vocaboli trafittiva, inquietanza,
scomparito, evitazione, sospettanza, aspettature, festeggiatura, sottomissive
ed altre soluzioni che lasciamo cercare alla pazienza del lettore. Un tale
lessico, tormentato e deturpato dai bombardamenti distruttivi dell'autore,
impiega , tuttavia, con sorprendente leggiadria vocaboli che sono dei raffinati
arcaismi come beccheria e cerusici, o termini presi a prestito
dalla medicina come Tegretol o catatonie o termini zoologici come
chelato, ed altre numerose e godibili occasioni di ricchezza e di
sapienza espressiva, incastonate con gusto e naturalezza nel fluire del dettato.
Accanto all'uso complesso e
variegato del lessico, va collocata la memoria libresca che affiora con continue
appropriazioni di espressioni topiche tolte dai libri sacri della religione,
come fossero i vangeli, ovvero tolte dai libri osannati dalla letteratura di
tutti i paesi, come fosse la Divina commedia e pochi altri. Anche per
questo aspetto non mancano gli esempi: Uomini considerate la vostra semenza,
lo maggior corno dalla fiamma antica, Prendete e mangiatene tutti, per
concludere con uno che, come già si è detto in precedente occasione, ha la
prontezza e la corrosività di ritorcere la dissimulata ironia in aperta
derisione del nostro mondo sciocco e violento:
Chi è senza peccato si faccia
avanti
e scagli la prima raffica di
Kalashnikov
Prefazione a Ammuina
Tutto l'universo è andato in
frantumi, lo specchio connettivo che lo rifrangeva nella nostra mente è ridotto
in pezzi. Una babele contraddittoria di voci ci ronza nelle orecchie che un
tempo coglievano l'eco estatica dell'universo. Ora raccogliamo solo il vociare
strillonico del suk: sentenze, aforismi, proverbi, metafore, parabole divengono
i proclami sincopati di un richiamo atrofico, anzi, di un pensiero debole che ci
affascina subitamente ma che con altrettanta immediatezza scompare e si dissolve
nel grande caos, contraddetto da altre situazioni, soffocato da altri
adescamenti. Già Eliot teorizzava l'assoluta impossibilità di ricostruire il
discorso poematico, cioè di raccontare l'epica del mondo, la grande favola del
poeta, perché la narrazione del poeta, a seguito della rottura dello specchio
del linguaggio dentro cui si rifletteva, si è scomposta in una serie di
frammenti. Ci sono reperti, brandelli, tessere del grande mosaico, si può fare
un'operazione inventariale e di riconoscimento, ma non c'è la reale possibilità
della ricostruzione del senso complessivo delle cose, che sfugge comunque e
rimane indescrivibile. L'unica cosa che si può proporre è osservare e commentare
quel che resta delle elucubrazioni del tempo passato e, per il valore della cosa
in sé: facite ammuina, insomma, organizzate fracasso e confusione senza un
disegno preciso, perché non c'è altro da fare.
Fare ammuina era l'ordine che
si dava alla ciurma della reale marina di Francesco II, ultimo re di Napoli,
quando ci fosse stata l'ispezione improvvisa a bordo. Ovviamente si tratta di un
falso storico, perfidamente architettato dai comandanti piemontesi per deridere
la scarsa propensione guerresca delle truppe borboniche, che fa il paio con
quell'altra presunta strategia adottata dai fanti per sbaragliare gli avversari,
facite 'a faccia feroce. In Rossano Onano non c'è alcun intento derisorio
e neppure ironico, anche se tutto l'intreccio poetico è elaborato con una
sapienza grottesca che sottintende un'intelligenza ludica. Ma la scena è sempre
drammatica. Viene rappresentata sostanzialmente un'umanità che soffre, che
s'arrabatta, che compete con sé stessa, che si disputa le poche risorse di cui
dispone, che si danna nel tentativo di inseguire la felicità, che è cannibale di
sé stessa, che è perennemente posseduta da furbizie, tranelli, pentimenti,
rancori, angosce e incubi notturni, che si butta nei sensi e in particolare nei
vizi di gola e di lussuria con una dannazione frenetica. Questo grande affresco
alla Hyeronymus Bosch di civitas damnata non prevede la presenza della natura, ,
neppure di un filo d'erba: né madre né matrigna, semplicemente la natura è un
elemento aggiuntivo e intrigante della barbarie del mondo, come lo sono le altre
forme di competizione e di successo. La natura è “una distesa piaga verdissima”
di cui è stato “raccolto il campo”, ma anche l'uomo ne ha “ucciso i bisonti e le
folaghe passeggiatrici”.
La cultura che fa da
background al linguaggio poetico di Rossano Onano è una definizione selezionata
e orientata di quel gran meticciato moderno frequentato dagli intellettuali
occidentali, fatto di barbagli di attualità televisiva in cui galleggiano
cantanti, calciatori, ciclisti, quizzisti, cui si aggiungono le fonti popolari e
folcloristiche, cui si aggiungono i fondamenti basilari dell'invenzione del
linguaggio poetico, che ovviamente risalgono alle due grandi querce del sistema
culturale d'Occidente, la Bibbia e Omero, arricchite e allargate dalle grandi
fonti classiche successive, cui si aggiungono i fascini e le propensioni per il
mondo asiatico, specie per l'India, magica, dolcissima e crudele. L'intreccio
poetico funziona per analogie, reiterazioni, chiasmi, anafore, secondo un
principio di coagulazione dei materiali che si incatenano e si condensano nella
costruzione del discorso sia per omogeneità sia per contrasto.
Rossano Onano mantiene sempre
vigile nel testo sia l'attenzione psicologica dei comportamenti umani sia la
plasticità espressiva del linguaggio. Con la psicologia Onano compie una
mappatura riguardante l'origine profonda degli accadimenti che narra, mentre con
il linguaggio, di quegli stessi fatti, illustra la manifestazione epidermica e
comunicativa, che sovente è contraddittoria o meglio contraddetta e franta da
elementi ostili o comunque disegno contrario. Vi è una continua corrispondenza
dialettica tra ciò che sta alla radice dell'agire umano – nel territorio buio
delle intenzioni – con ciò che è descritto nello splendore rappresentativo della
parola, dalla scrittura che pure proviene dalla tenebra del calamaio e che
mantiene comunque un enigma anfibologico irrisolvibile. La lettura della poesia
di Rossano Onano è sempre un intrattenimento ameno di cultura e di possibilità
sia risolutorie sia confusionali, quasi l'autore volesse ricordarci che anche la
mente produce confusione e fa sovente ammuina, come i marinai di Franceschiello,
intorno ai quali è nato un mito.
| |
 |
Materiale |
|