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Prefazione a
Ammuina
di Rossano Onano
la
Scheda del
libro

Sandro Gros-Pietro
Tutto l'universo è
andato in frantumi, lo specchio connettivo che lo rifrangeva nella nostra mente
è ridotto in pezzi. Una babele contraddittoria di voci ci ronza nelle orecchie
che un tempo coglievano l'eco estatica dell'universo. Ora raccogliamo solo il
vociare strillonico del suk: sentenze, aforismi, proverbi, metafore, parabole
divengono i proclami sincopati di un richiamo atrofico, anzi, di un pensiero
debole che ci affascina subitamente ma che con altrettanta immediatezza scompare
e si dissolve nel grande caos, contraddetto da altre situazioni, soffocato da
altri adescamenti. Già Eliot teorizzava l'assoluta impossibilità di ricostruire
il discorso poematico, cioè di raccontare l'epica del mondo, la grande favola
del poeta, perché la narrazione del poeta, a seguito della rottura dello
specchio del linguaggio dentro cui si rifletteva, si è scomposta in una serie di
frammenti. Ci sono reperti, brandelli, tessere del grande mosaico, si può fare
un'operazione inventariale e di riconoscimento, ma non c'è la reale possibilità
della ricostruzione del senso complessivo delle cose, che sfugge comunque e
rimane indescrivibile. L'unica cosa che si può proporre è osservare e commentare
quel che resta delle elucubrazioni del tempo passato e, tuttavia, ripeterle per
il piacere della documentazione, per il valore della cosa in sé: facite ammuina,
insomma, organizzate fracasso e confusione senza un disegno preciso, perché non
c'è altro da fare.
Fare ammuina era l'ordine che
si dava alla ciurma della reale marina di Francesco II, ultimo re di Napoli,
quando ci fosse stata l'ispezione improvvisa a bordo. Ovviamente si tratta di un
falso storico, perfidamente architettato dai comandanti piemontesi per deridere
la scarsa propensione guerresca delle truppe borboniche, che fa il paio con
quell'altra presunta strategia adottata dai fanti per sbaragliare gli avversari,
facite 'a faccia feroce: In Rossano Onano non c'è alcun intento derisorio
e neppure ironico, anche se tutto l'intreccio poetico è elaborato con una
sapienza grottesca che sottintende un'intelligenza ludica. Ma la scena è sempre
drammatica. Viene rappresentata sostanzialmente un'umanità che soffre, che
s'arrabatta, che compete con sé stessa, che si disputa le poche risorse di cui
dispone, che si danna nel tentativo di inseguire la felicità, che è cannibale di
sé stessa, che è perennemente posseduta da furbizie, tranelli, pentimenti,
rancori, angosce e incubi notturni, che si butta nei sensi e in particolare nei
vizi di gola e di lussuria con una dannazione frenetica. Questo grande affresco
alla Hyeronymus Bosch di civitas damnata non prevede la presenza della natura,
neppure di un filo d'erba: né madre né matrigna, semplicemente la natura è un
elemento aggiunto e intrigante della barbarie del mondo, come lo sono le altre
forme di competizione e di successo. La natura è una “distesa piaga verdissima”
di cui è stato “raccolto il campo”, ma anche l'uomo ne ha “ucciso i bisonti e le
folaghe passeggiatrici”.
La cultura che fa da
background al linguaggio poetico di Rossano Onano è una definizione selezionata
e orientata di quel gran meticciato moderno frequentato dagli intellettuali
occidentali, fatto di barbagli di attualità televisiva in cui galleggiano
cantanti, calciatori, ciclisti, quizzisti, cui si aggiungono le fonti popolari e
folcloristiche, cui si aggiungono i fondamenti basilari dell'invenzione del
linguaggio poetico, che ovviamente risalgono alle due grandi querce del sistema
culturale d'Occidente, la Bibbia e Omero, arricchite e allargate dalle grandi
fonti classiche successive, cui si aggiungono i fascini e le propensioni per il
mondo asiatico, specie per l'India, magica, dolcissima e crudele. L'intreccio
poetico funziona per analogie, reiterazioni, chiasmi, anafore, secondo un
principio di coagulazione dei materiali che si incatenano e si condensano nella
costruzione del discorso sia per omogeneità sia per contrasto.
Rossano Onano mantiene sempre
vigile nel testo sia l'attenzione psicologica dei comportamenti umani sia la
plasticità espressiva del linguaggio. Con la psicologia Onano compie una
mappatura riguardante l'origine profonda degli accadimenti che narra, mentre con
il linguaggio, di quegli stessi fatti, illustra la manifestazione endemica e
comunicativa, che sovente è contraddittoria o meglio contraddetta e franta da
elementi ostili o comunque di segno contrario. Vi è una continua corrispondenza
dialettica tra ciò che sta alla radice dell'agire umano – nel territorio buio
delle intenzioni – con ciò che è descritto nello splendore rappresentativo della
parola, dalla scrittura che pure proviene dalla tenebra del calamaio e che
contiene comunque un enigma anfibologico irrisolvibile. La lettura della poesia
di Rossano Onano è sempre un intrattenimento ameno di cultura e di possibilità
sia risolutorie sia confusionali, quasi l'autore volesse ricordarci che anche la
mente produce confusione e fa sovente ammuina, come i marinai di Franceschiello,
intorno ai quali è nato un mito.
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Materiale |
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