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Prefazione a
La vera storia del vascello fantasma
di Veniero Scarselli
la
Scheda del
libro

Sandro Gros-Pietro
Se parlassimo di cantautori anziché di poeti, con
naturalezza si direbbe che Veniero Scarselli ha ideato la cover alla
Ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge. E in aggiunta,
gli ha cambiato il titolo, cortocircuitandolo con L’olandese volante
ovvero con il Vascello fantasma di Richard Wagner, per cui ne è venuta
fuori la Vera storia del vascello fantasma, di Veniero Scarselli.
Va
subito chiarito che la storia d’amore e di morte di Senda e di Falkenburg,
raccontata e deformata nella versione wagneriana tratta da una leggenda popolare
del vascello fantasma, è la più classica delle piattaforme romantiche costruite
sul binomio indissolubile amore-morte e non ha assolutamente nulla a
che vedere con la Ballata del vecchio marinaio di Coleridge.
Dipende
solo dalla fervida fantasia di Veniero Scarselli il collegamento creativo da lui
disposto tra i due capolavori, affibbiando il titolo di ‘vascello fantasma’ alla
‘ballata del vecchio marinaio’. In una corrispondenza epistolare, Scarselli
scrive “C’è, è vero, un vascello di morti viventi che il Marinaio incontra
fuggevolmente e che subito si dilegua, ma il vero Vascello maledetto di Coleridge è per me solo la stessa infelice nave del vecchio”.
Ne deriva che
Scarselli identifica, “creativamente”, la metafora della poesia inventata da Coleridge nella Ballata del vecchio marinaio, con il mito popolare del
Vascello Fantasma, il cui antenato è sicuramente il biblico Ebreo
errante. E si tratta di una meravigliosa identificazione e agnizione,
certamente non gratuita ma anzi più che difendibile. Ovviamente, entrambe le due
vicende, come si sa, agitano dei demoni e degli angeli, e nelle pagine di
entrambe le opere si ritrovano Satana e i suoi rappresentanti accanto al
Redentore e ai suoi angeli, sia pure sotto camuffate spoglie. Inoltre, entrambe
le due opere sono collegate a una lettura romantica della vita, con
l’imposizione della figura umana al centro del gioco di scelte esercitato dal
destino e con l’attribuzione al narratore della funzione di “apprendista
stregone” dei misteri del mondo e della vita, per cui l’arte di affabulare le
vicende reali e fantastiche diviene anche occasione di svelamento di verità
profonde.
Va detto, infine, che entrambe le due opere hanno esercitato un
fascino insistito e ricorrente nella cultura occidentale – ma anche orientale e
alla fine mondiale – e sono state oggetto di innumerevoli riprese in forma di
teatro, di canzoni, di cartoni animati, di pellicole cinematografiche, di
adattamenti televisivi, di deformazioni mediatiche con intenti di cassetta.
Veniero Scarselli, con la sensibilità che gli è propria in questo genere di
‘agnizioni artistiche’, ha subito riconosciuto il cortocircuito creativo
che collega per un’infinità di aspetti queste due vicende così autonome fra loro
e così incredibilmente gemellate nell’immaginazione dei lettori consapevoli e
dei fruitori occasionali di miti e di film, nell’oscillazione pendolare della
cultura tra il livello alto e quello basso dello studio appassionato e della
frequentazione superficiale di opere artistiche di diletto e di svago.
Ovviamente, la vera storia del vascello fantasma è una splendida utopia
raccontata da Veniero Scarselli. Infatti, non esiste alcuna “storia vera”, e ne
è la prova il fatto che Veniero Scarselli ci parla d’altra cosa e d’altra opera,
cioè ci propone una riscrittura e una traduzione in majore dell’opera
di Coleridge, la nota Ballata, la cui ultima versione-invenzione
pubblicata in Italia risale a Mario Luzi, edita nella BUR di Rizzoli, nel 1992,
edizione originaria ormai divenuta da collezione, come ci si augura che presto
diventi da collezione questa nuova preziosa versione-invenzione data
alle stampe dal prestigioso poeta di Pratovecchio.
Il rispetto riguardoso di Veniero Scarselli nei confronti dell’ideazione
profonda della Ballata così come la concepì Coleridge è pienamente
mantenuto. Permangono le sette parti di scansione del poema, ma più di tutto è
rispettata la concezione ideologica e metaforica delle figure del Marinaio,
del Convitato, dell’Albatro, dell’Atto sacrilego, del
Viaggio per mare, del Fascino diabolico della Poesia, dell’Intervento
divino, dell’Approdo in porto, dell’Eremita, della
Missione eterna del Poeta. Il vecchio marinaio è il Poeta che
commette la colpa di superbia dell’artista, cioè vuole svelare la verità
profonda dell’universo e quindi compie l’atto di ribellione a Dio, uccide il suo
messaggero, l’albatro.
Il gesto di uccisione rappresenta l’hybris,
ossia l’atto di violenza e di libertà che serve a dare avvio al viaggio per mare
e quindi svela il grande fascino affabulatorio della poesia, la capacità di
raccontare storie infinite e fantastiche quanto di ricapitolare la nuda realtà
delle cose, ma anche scatena la nemesis, cioè consegna i viaggiatori
all’esperienza profonda e diretta del dolore di vivere e di conoscere l’amarezza
della verità, per cui suscita un’arsura e una sete insaziabile, finché non
arriva il pentimento del Marinaio-Poeta, e il conseguente intervento divino e il
rientro nel porto della fede, l’accoglienza presso l’Eremita che distilla il
sapere e che pronuncia la consegna cui il Marinaio-Poeta dovrà attenersi in
futuro: raccontare per sempre la sua storia e il suo mito ai convitati alle
nozze che si celebrano con la vita e con la felicità, tanto festose quanto
effimere, e i convitati saranno calamitati ad ascoltare la storia del
Marinaio-Poeta e rifletteranno profondamente sulle sue parole. Veniero Scarselli
non cambia nulla di questa splendida metafora, sviluppata in poemetto.
E non
avrebbe potuto modificare alcunché, perché in fondo Coleridge nel 1798, anno in
cui pubblica, non fa che scrivere in metafora la vicenda terrena di Veniero
Scarselli, anticipandola di due secoli: anche il nostro poeta di Pratovecchio è
il vecchio Marinaio, come lo sono stati tanti prima di lui e tanti altri a lui
seguiranno. Ma la bellezza e il merito di Scarselli sta nell’agnizione
artistica, nel riconoscimento dell’opera di Coleridge, nell’immedesimazione,
nella celebrazione, nell’omaggio e nel decoro con cui canta l’eterna storia del
Marinaio: è tutto nuovo, aderente all’attualità, completamente rinnovato, pur
nel rispetto delle fondamenta, ma nella forza dirompente dell’attualità
espressiva, così pertinente e sodale con i nostri modi di intendere e di vivere
la parola che pronunciamo oggi, l’aria che respiriamo adesso, il sogno di verità
e di dolore – l’atto di ribellione – che manteniamo vivo nel nostro cuore e
nella nostra mente, la nostra capacità di non perderci neppure davanti alla
sconfitta della morte. A più di venti anni di distanza, Veniero Scarselli
rinnova l’omaggio al grande genio di Coleridge, e lo fa in un modo sontuosamente
facondo di grazia ammirativa e sognatrice: in un modo assolutamente
indimenticabile.
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