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Prefazione a
Sentieri e parole
di Anna Santarelli

dati del libro

Sandro Gros-Pietro

La poesia di Anna Santarelli descrive un percorso di ricerca che ha il pregio di unire lo scrupolo del rigore con il fascino dell’avventura letteraria. L’impatto visivo col testo trasmette immediatamente la sensazione di una scrittura realizzata per sottrazione, per eliminazione del superfluo, per motivazione meditata del messaggio. La composizione tipica di Santarelli è una scrittura non tanto istruita alla brevità lapidaria, ma certamente orientata alla condensazione e alla pregnanza dei significati con una scelta selettiva di significanti essenziali, tratti da un lessico di comprovata cittadinanza poetica, senza il gioco di barbarismi, neologismi, dialettalismi o deformazioni morfologiche. La cura del linguaggio è certamente un modo di essere dell’espressione poetica di Santarelli. Si può allargare l’osservazione anche alla forma della composizione, che è per lo più organizzata in tempi di scrittura disposti in due o tre strofe – o impianti versali – e con minore frequenza in quattro, rarissima la scansione per cinque distici. Va anche detto che ogni singolo verso è un’esplorazione in varianza delle possibilità di adattamento dell’endecasillabo, in ipo o in iper – riduzione o estensione – delle deputate undici sillabe.

Se queste brevi osservazioni possono fornire un’idea di massima del concetto di rigore poetico impiegato dalla scrittrice, per quanto attiene invece all’avventura va detto che il riferimento più adatto è quello indicato dalla stessa Santarelli, nell’esergo proposto da Kavafis il quale allude a una scrittura che sia, sì, il “viaggio per Itaca”, cioè il ritorno al nostos, ma con un periplo quanto più variegato ed esplorativo possibile. Il consiglio rivolto ai poeti rari nantes, dunque, è quello di Andrea Zanzotto: “perdetevi nel bosco, ma usate il galateo”. Ed ecco, allora, che troviamo nella sua poesia istanze liriche, che si alternano a costrutti di meditazione psicologica, filosofica, civile, con espressioni di stile e di contenuto che si rifanno anche al surrealismo – si veda René Magritte – o all’espressionismo – si veda Emil Nolde. Anche per Anna Santarelli vale quella sinergia di istanze creative che ha funzionato come alleanza ideale dell’ispirazione nel gemellaggio tra la parola e l’immagine, che risale ancora alla Belle Époque parigina di fine Ottocento e che poi ci ha accompagnato per quasi tutto il Novecento, ben oltre l’apparire della Poesia Visiva e fino all’esplosione della Pop Art e dell’arte gestuale, informale o segnica.

Il libro Sentieri e parole è suddiviso in due sezioni. La prima si intitola Geometrie del tempo: un titolo che richiama per assonanza quello di Maria Luisa Spaziani, Geometria del disordine, Premio Viareggio nel 1981. Il concetto, tuttavia, nelle due poetesse è sostanzialmente diverso. Per Santarelli, il tempo restituisce un significato al caos contraddittorio e incomprensibile che l’affanno della vita comporta, come leggiamo nella poesia Immagine. Inoltre, c’è anche una nozione del tempo che si concreta nell’alternarsi delle stagioni, a loro volta foriere dell’alternanza dei sentimenti, come si legge nella poesia Lembi di stagioni. Il tempo reca anche doni differenziati di bellezza, come la mimosa o il narciso. Fanno parte della stessa sezione anche poesie di intonazione lirica, contenenti la meraviglia dell’universo che ci circonda fuori di noi, a confronto con le vastità enigmatiche che indaghiamo all’interno di noi stessi, come sono le poesie Sogni di pietra, Rubino, Via dell’Amore e altre ancora.

La seconda sezione del libro si intitola Parole e segni ed è caratterizzata da un sentimento di erranza, quasi espresso alla George Moustaki, con un compiacimento esistenziale per il viaggio e per l’estraniamento, con una predilezione per gli incanti colorati e nostalgici di Lisbona e per il gotico di Batalha. Va assolutamente marcata, nel lindo candore e nella palmare chiarezza espositiva di Anna Santarelli, la poesia Esercizi (sottrazione), che può essere assunta come dichiarazione di poetica, con un finale in chiave di etica del buon vivere, tanto più utile nel tempo attuale in cui viviamo, nel quale è ancora forte la dolorosa tenaglia della pandemia da Covid 19. Al riguardo, va segnalato che la poetessa non manca di accennare al dolore civico e dell’anima di cui la pandemia è causa, come leggiamo nella poesia Quadro quotidiano, in Osservando il quadro Gli Amanti di René Magritte e in Lettera.

La poesia di Anna Santarelli rinnova l’eredità di un lungo viaggio di esperienza e di conoscenza compiuto all’interno della parola poetica, con particolare riferimento alla letteratura del secondo Novecento, ma con eco mantenuto vivido riguardante le esperienze letterarie del primo Novecento, in speciale modo francese: è una poesia nitida e meditata, che tuttavia sviluppa sempre una vivida elaborazione psicologica sui temi del sogno, della fantasia onirica e dell’indagine esercitata sugli enigmi della ragione.

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