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La
scrittrice fiorentina Liliana Ugolini ha pensato di riunire in un solo libro
tutti i testi teatrali che è andata elaborando negli ultimi anni. Il libro, per
illuminazione apodittica, s’intitola giustamente Tuttoteatro ed è prefato da
Sandro Montalto, che, al termine della sua presentazione in seriazione di
ciascuna opera collocata nel libro, conclude osservando come l’interesse “ si
focalizza sul teatro di parola, quel teatro che si fonda sulla parola come
espressione primaria e sulla sua continua messa alla prova, nonché messa in
crisi della parola come messa in prova del mondo”.
Si potrebbe commentare che
quella di Ugolini è una modernità che propone il viaggio fantastico di
riappropriazione delle origini teatrali della poesia. Si sa che la poesia è nata
come recitazione teatrale e che nella Grecia classica il teatro e la poesia
anticamente coincidevano , essendo il teatro nient’altro che l’espressione
poetica della rappresentazione artistica. Poi le due arti sono andate sempre più
separandosi e specializzandosi, la poesia ha smesso di essere recitazione per
divenire declamazione e successivamente ha smesso di essere declamazione per
divenire “ pensiero poetico” e altro ancora. Similmente il viaggio all’origine
delle terre emerse comporterebbe il ritorno alla pantalassa o alla
pangea, un unico grande continente di terre emerse circondato da un unico
grande oceano. Poi il continente si è frazionato nei cinque attuali e gli oceani
si sono divisi di conseguenza. Nessun geografo penserebbe di poter fare girare
le ruote del tempo all’indietro ma sicuramente un buon geografo sa ricostruire
le ragioni del cambiamento e gli stati della trasformazione. Mutatis mutandis è
proprio questo il lavoro di valorizzazione e apprezzamento della ricerca poetica
trasposta in atto teatrale che la brava scrittrice fiorentina sta facendo da
alcuni lustri a questa parte, con eccellenti riscontri di valore e con consensi
della critica e del pubblico: un punto ideale di coesione tra il testo poetico e
la messa in scena, la ricostruzione in atto della vicenda narrata, programma
artistico che diventa tanto più difficile e affascinante quando il testo
poetico, anziché raccontare una fabula come avveniva nel passato, mette
in campo un discorso poetante di concetti astratti e ideali, costruito tra
metafore e analogie, come vuole la moderna poesia. Similmente, sul versante del
teatro, le cose si complicano perché il personaggio che recita non si limita ad
essere una maschera della realtà, ma acquista un’autonomia artistica totalmente
indipendente dal mondo reale, come Pirandello ha insegnato, e si aggira sul
palcoscenico in cerca della sua storia in cui calarsi.
Si moltiplicano le
prospettive, le categorie della realtà e della finzione, poesia e teatro
diventano le innumerevoli canne d’organo che lo scrittore ingaggia in un
concerto volutamente bipolare, fatto di armoniose eufonie e cacofonie, di
ricerche di movimento e di posture, tra enigmi e manifestazioni palmari.
Sicuramente, in questo campo, Liliana Ugolini vanta un primato di serietà e di
impegno.
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Recensione |
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