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Le poesie di Luccia Danesin pongono di fronte – e lo fanno in modo immediato, quasi brusco – a tematiche che si è soliti definire "esistenziale", nel senso più ampio e appropriato che il termine possiede ed esprime, che è sinonimo di universali, ovvero, in altri termini, sostanziali all’essere uomini e all’essere uomini dovunque, nello spazio e nel tempo. Tuttavia, proprio nel momento in cui l’autrice racconta o medita, in versi, i temi più drammaticamente e urgentemente universali, generali, proprio in quel momento raggiunge la sua cifra più originale, la sua sigla, si potrebbe dire che esprime la sua più profonda "identità".

Credo si possa leggere il libro di Luccia Danesin proprio attraversandolo, seguendo un percorso segnato da alcuni temi che si potrebbero paragonare alle pietre miliari, che ancora si scorgono ai lati delle strade – il cui uso risale all’era romana – e che miliari hanno assunto poi un significato metaforico: sono il segno della strada percorsa, fissano le distanze, consentono di conoscere, passo dopo passo, il luogo in cui ci si trova; grazie a esse si va e si torna, si rischia meno di perdersi, specialmente quando ci si inoltra in un territorio vasto, sconosciuto, privo di punti di riferimento stabili. Allora, vorrei usare questo significato metaforico: vedrei nel territorio che si deve attraversare la VITA, l’esistenza umana, intesa sia come esperienza universale, sia come esperienza individuale, soggettiva e irripetibile, quindi, la vita di noi tutti e la vita dell’autrice; e nelle pietre miliari le TEMATICHE che dal libro emergono come punti di riferimento che sono, di volta in volta, semplici constatazioni di fatto, di una sensazione, un pensiero, una suggestione, oppure interpretazioni o tentativi di interpretazione di un mistero e, inoltre, domande e risposte, dubbi. Finiscono comunque per diventare segnali, nel significato etimologico della parola: elemento concreto, magari provvisorio, fragile, parziale ma comunque concreto, mediante il quale orientarsi nel mezzo della confusione e nella contraddizione, nel mistero e, forse, anche nell’angoscia con cui ci si presenta la vita nelle sue innumerevoli sfaccettature; come si presenta, almeno, all’uomo ancora capace di riflettersi nella vita, di porsi domande senza rassegnarsi all’indifferenza, al fatalismo o, peggio, alla disperazione.

La prima pietra, continuamente affiorante, il tema persistente: il TEMPO ... la vita che resiste... ciò che tocca del giorno.... l’attimo è sospeso... E legato strettamente a questo: la MEMORIA: affinché tu mi riconosca ... tenendo care le lapidi del cuore.... E la MORTE: queste le ore – la morte sconfina. Quindi il grande tema della PAURA: che è angoscia ma anche passione, comunque ineliminabile, compagna dell’esperienza umana nel mondo: Cento, mille anelli soli | stretti in catene | per non sopportare libertà. Ricorre spesso anche il tema della LIBERTÀ: Infine nel setaccio | ho delle pietre sconosciute. | Dovrò trovare | il loro nome. Il tema dell’OLTRE, che può essere anche Dio ma non necessariamente, è OLTRE, la dimensione sconosciuta e insondabile, inconoscibile e ineffabile: Poi lo strappo. Infine, la POESIA: una risorsa, tentativo di una risposta, vera e propria pietra miliare per non perdersi, naufragare nella navigazione, nel cabotaggio del vivere: Stretta ti terrò | sopra gli inganni... pagina di carta....

Un’ultima notazione sullo stile e la forma: il lavoro di elaborazione compiuta sulla parola e sulla lingua da Luccia Danesin ha la cifra dell’essenzialità, della parola-immagine – stiamo parlando di un’artista della fotografia, anche- che veicola il concetto e la suggestione, come in quei cuori anfibi | soli nella culla. E la poesia che le racchiude tutte in sé, con straordinaria forza di sintesi, Ombelico: il corpo, il suo centro | Nodo | simbolo della Relazione - | memoria del distacco, | taglio originario. | Lutto necessario.

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