| |
Ciò che
contraddistingue Gabriella Frenna è la sua delicata nonché spiccata sensibilità
di fronte a tutto quanto esprime poesia, fascino, arte e non solo: nei confronti
di chi soffre; in presenza di tragedie umane e vilipendio della natura; per le
catastrofi dovute a movimenti tellurici e a venti impetuosi, portatori di
distruzione e morte, ad ogni fenomeno accidentale devastante di cui non è
responsabile l’uomo.
Un‘alba,
un tramonto,una farfalla su un fiore, uno stormo di rondini, un mare in
dormiveglia solcato da esili vele e gabbiani, un cielo di stelle,una falce di
luna, la natura tutta, nei suoi meravigliosi aspetti, la ispirano, le creano
dentro emozioni, fanno spuntare poesia.
Poeti si
nasce e Gabriella è nata poetessa, così come suo padre Michele, valido
mosaicista noto in campo internazionale, è nato artista. L’afflato poetico ed
artistico è nel loro DNA; c’è, tra i due, affinità di interessi e ideali,
sintonia.
Il grande
merito di Gabriella Frenna è quello di saper leggere nelle opere mosaiche di suo
padre come nessun altro e scoprirne l’anima, l’eterno in esse insito, il
messaggio, il significato simbolico, la fonte da cui l’artista ha tratto
ispirazione. E lo fa con una competenza straordinaria ed uno spirito critico
impareggiabile, oltre che con affetto filiale.
Dalla
raccolta poetica “Il Croco”, primo premio “Città di Pomezia 2010”, emerge tutto
quanto, in sintesi, ho sopra affermato. Alcune
delle liriche, affiancate da relative immagini, sono un commento ai mosaici del
Maestro Frenna. Apre la silloge “La leggenda di Croco”, una storia fantastica,
tratta dalla mitologia greca, che narra dell’amore di Croco, giovane mortale,
per la ninfa Smilze. I due innamorati vengono trasformati dagli dèi in fiori
bellissimi, lui in “croco” lei in “salsapariglia”, e vivono felici, eternamente
insieme. La seconda lirica parla invece della pianta di croco, “fiore pregiato”
menzionato da Omero nell’Iliade, usato dai Buddisti”per tingere le vesti”, da
Cleopatra “per avere la pelle dorata”, in cucina come spezie. Importante
conoscere il movente dell’ispirazione: il lettore è indotto, naturalmente, ad
osservare il mosaico con più interesse, ad andare oltre ciò che appare, ad
entrare nell’anima dell’opera. E’ ciò che la poetessa fa e insegna ai suoi
lettori i quali seguono il suo esempio.
Con
commozione, e piacere intimo, ci soffermiamo ad ammirare “i toni luminosi, i
delicati colori, gli arpeggi armoniosi degli steli” in “Clementina”; la
“luminosità che irradia Maria Madre di Dio” in “Madonna”; “la sofferenza immane
di Gesù Nazareno che porta la croce/…verso il Calvario” in “Via crucis”.
Riesce, la nostra autrice, a
cogliere nelle opere mosaiche i ricorrenti motivi religiosi e le scene
esistenziali, ad interpretare la storia delle tradizioni, la riproduzione di
monumenti archeologici, riscoperti e trovati in ottimo stato di conservazione, a
descrivere le immagini luminose di quadretti arcadici, angoli vivi, magnifici
del creato. | |
 |
Recensione |
|