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Una sostanziale fiducia nella vita
scorre nella raccolta Una sprovveduta quotidianità e connette le quattro sezioni, diverse per tematiche e per
struttura.
La prima, Un amore, è
formata da composizioni che programmaticamente si sottraggono ad ogni tipo di
effusione romantica per cantare la quotidianità (cfr. il titolo della raccolta)
attraverso i gesti, gli incontri, le stagioni, gli oggetti, in sintesi
quell’«arte di amare» descritta da Eric Fromm, che si attua attraverso le opere
e i giorni, e che si costruisce a volte con gioia a volte con fatica: «La nostra
stanza, amore mio, | un disordine continuo, | tu getti la camicia sulla sedia |
io la gonna».
La seconda, Un luogo, un tempo,
presenta movenze che alludono alla nitidezza dei lirici greci con improvvise e
illuminanti aperture paesaggistiche che rapiscono il lettore: «Scendono a valle
le ragazze, | perse, forse un po’ strane, | l’aria s’è fatta fredda, | la prima
neve caduta, | un soffice nevischio, | subito dissoltosi, | in un settembre che
inizia».
La terza parte, La Commedia
dell’arte, è dedicata alle maschere che rappresentano la loro parte nel
teatrino della poesia.
E, infine, in Ancora parole
ritornano le scene paesaggistiche e i ritmi delle stagioni che incantano la
poetessa: «il vento di libeccio | torna a scompigliare i capelli | a rammentare
gli amici | gli scherzi sulla spiaggia».
Una sottile vena di malinconia
vivifica la raccolta e impregna la concezione stessa di una poesia deputata a
sottrarre affetti e ricordi dall’azione vorace del tempo: «Nessuno ritorna, |
io, piccolo fantasma, | il lenzuolo a terra, | piango a lungo | desolato».
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Recensione |
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