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Introduzione a
E fu sera e fu mattina
di Stefano Trojani
la
Scheda del libro

Maria Lenti
Il lucente
attimo del vivere e dell’esistere
Una struggente e bella poesia
di Margherita Guidacci è risuonata in me, di
continuo, mentre leggevo E
fu sera e fu mattino di Padre Stefano
Troiani: “Alcuni desideri si adempiranno | altri saranno respinti.
Ma io | sarò passata splendendo | per un attimo.
Anche se nessuno | mi avesse guardato | risulterebbe ugualmente giustificato
– | per quel lucente attimo – il mio esistere”.
Limpidi e felici i versi: il dono di una luce (da non confondersi, però, con
il “raggio di sole” quasimodiano) magari solo di
una luce in un lungo, estenuante cammino di
indifferenza, di inascolto, di insensibilità.
Padre Stefano Troiani
estende l’attimo lucente in una infinità di attimi. Il suo mondo,
indipendente dallo sguardo dell’altro, è un universo di luci, di colori, di
suoni, di elementi naturali, di animali, di
presenze, di un sé a sé. Creature francescane nel suo “Taccuino”;
quindi “Riflessioni” ma di
segno lieve su corsi e ricorsi dell’umano viaggio; poi “Fiotti
di memoria”, apparsi a dare chiarità a giorni ed ore e mai ad
obnubilare di nostalgia il passato e le sue vicende; “Invocazione”,
infine, al Signore, alla Vergine Maria con la
dolcezza di certe preghiere risalite da angoli
intimi alla superficie per incontrarsi con le creature d’apertura.
E, se malinconia talora si distende, essa appare
più come sosta e riposo, in un percorso cercato e voluto, che come soglia di
mancamento.
A volte il vento turba, sembra
scompaginare l’avvertita perfezione di quanto è d’attorno.
Ma il sole, la luminosità la vince sullo
smarrimento e su una solitudine non tanto appartenente ad un Abito (e ad una
Regola) che la comprende quanto cercata per essere più in sintonia con le
creature osservate, ascoltate, prese con sé, al proprio fianco, nel segno di
una felicità condivisa. E, gradino irrinunciabile, nel segno della “ ragione
del cuore”, che “ad ogni cosa e persona dà una
propria vita senza farne possesso”. O salita, la solitudine, da una qualche
stanchezza anch’essa parte, perché non dovrebbe esserci pur nella gioia?,
del vivere e dell’esistere.
Felicità della nuvola, si
direbbe. Permette di ritrovare il sole, consentendo, inoltre, un momento di
timore, mai di smarrimento, atto a suscitare una domanda, un pensiero, una
riflessione su dove si è.
Vivere ed esistere:
una identificazione che Padre Troiani realizza
nella sua poesia con una lingua che nomina e non confonde, che metaforizza
ma con simboli naturali e biblici, che chiama per nome il suo soggetto per
seguirlo nei suoi giri vitali. Dentro un’armonia né
preordinata, né pensata a priori, né affidata all’aver metabolizzato
poeti del Novecento da Padre Stefano certamente amati, di cui pure qualche
eco era stata calata nella raccolta del 2010,
Invocazioni e lodi.
In
E fu sera e fu mattino delle
poetiche di quegli autori scompaiono addentellati
e perfino cenni. Qui è la felicità della natura creata, lì la sorpresa della
natura traditrice. Qui si
apre alla speranza, lì si ferma la disperazione. Qui si gioisce del
mondo – come emanazione di Dio Creatore – lì si
avverte il sibilo della fine o lo sconcerto della finitezza. Qui
si invocano Maria e
Suo Figlio, lì del Figlio si vedono le piaghe e di
Maria il dolore.
Se, in tutti gli autori di un
Novecento che ci ha nutriti, la poesia raggiunge
il senso e l’interrogazione del senso dell’uomo e del mondo e dell’uomo nel
suo destino, in Padre Stefano Troiani quel senso è già compreso, accettato,
anzi vivificante. La poesia è il dono che dà spessore al lucente attimo del
vivere e dell’esistere e del loro compimento nello spessore che tocca lo
spirito.
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