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Poesie per Recaptcha

Poesia non facile, momenti poetici diversi (se davvero o in apparenza diremo più oltre), quella di Paolo Gera in Poesie per Recaptcha, titolo ricavato - e non è insignificante: verifica se l’utente sia un umano - dal pervasivo mondo del web.

L’autore muove fili e corde in cui hanno posto personaggi biblici (Giona, Samuele, Geremia, gli amanti-sposi del Cantico dei Cantici, altri) e personaggi innominati di una realtà senza nome, ma riconoscibile, tanta è l’impossibilità di fissarne contorni e sostanze nella fluidità e nella sfuggenza di addentellati che li trattengano a un messaggio. «Dall’inizio aspettiamo messaggi. / Da quando / disincarnati dall’animale / inabissati nell’uomo / coscienti della fragilità / non possiamo che essere tesi / a un ascolto lontano / e aspettare messaggi. (...) // Ognuno sa di essere solo dall’inizio alla fine / e vivi è l’attesa di essere riempiti / da una compagnia sconfinata.»

Paolo Gera ne ricerca, tuttavia, identità entità sostanza via via nelle varie sezioni (Poesie per Recaptctha, Recaptcha, Annunci eretici) fino all’ultima, Daredeltu, una sorta di Recaptcha-individuo individuato: alla sua poesia fa seguire, infatti, una poesia (o, in ogni caso, un pensiero) di amici poeti. Libro singolare, pone una sua proposta di dialogo (con il lettore certo, si diceva, ma, indubbiamente, con quell’utente su menzionato tanto indecifrabile quanto oscuro, tanto sconcertante quanto sconcertato, si suppone, dai mille inutili messaggi), senza punti prefissati, né d’inizio né di fine di esso, aggirando il piano dell’interlocuzione e ponendo, di volta in volta, voci (con accenni di flebile, quasi timida sentimentalità nell’odierno “esilio del silenzio”, così Le Breton) e questioni di destino o di passo esistenziale.

Di formazione universitaria sperimentale provata sia in teatro sia nel suo primo libro di versi L’ora prima del 2016, il poeta genovese riversa l’interrogazione, l’appello e la definizione (soprattutto in certi slarghi di paesaggio in cui far confluire la dinamica di un sé inquieto), la reiterazione del volere essere («sono presente quasi assente / sono assente quasi presente / sono presente quasi presente / sono presente presente / sono assente quasi assente / sono assente assente») finita in costernazione, il desiderio asciutto di un sempre mancato incontro («Arrivo con le mie labbra sempre più prossimo alle tue, quasi le sfioro. Ed è in quel farmi sempre più attratto che sento la tua ritrazione. Non potrà mai fondersi il mio fiato con il tuo.») in una forma tipografica varia e, a richiamo di necessità, sciolta in versi e in prosa.

Forse una possibilità di giungere a una chiarezza, di agirla, accade nelle pagine di Daredeltu, dove Gera ha come contro-altare Anna Lisa Ballarini, Luigi Bressan, Lamberto Dolce, Anna Maria Farabbi, Fernanda Ferraresso, Alessandra Gasparini, Maria Lenti, Matteo Meschiari, Milena Nicolini, Alessandro Oliviero, Paolo Polvani, Irina.

Il dialogo qui si fa più diretto, benché ogni poeta dica la sua, più o meno celata, in-consistenza di sé rispetto alla parola solutrice. Recaptcha, la velata (ci piace pensare a una donna, con quella a-finale), ha ascoltato, si è svelata, rilevando un uguale sentire e un porsi su linee di rispondenza vicina al cuore delle cose vissute e da vivere: così il timore della sconfitta non fa recedere la ricerca di punti su cui convergere energie. Allora un motivo, ultimo, può emergere: vale l’essere accanto e non la virtualità anonima? Lasciamo la domanda al lettore di Poesie per Recaptcha.

Recensione
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