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Prove d’autunno

Nel frontespizio di Prove d’autunno Eleonora Bellini ha posto il sottotitolo Raccolta composita e stravagante mentre già incombe l’assurdo. Questa modalità, essendo l’autrice esperta di libri perché bibliotecaria per una vita, richiama i classici, quelli per esempio dell’inizio della stampa tipografica, quando il titolo condensava, per così dire, il contenuto. O, forse e in più per una texture sperimentata da Bellini negli scritti per giovani lettori, rimanda alla letteratura per bambini e ragazzi nella quale contenuto e titolo nel catenarsi si chiariscono ma in più sensi, iniziando così il bel gioco della pluralità semantica da scoprire e intercettare.

La raccolta ultima di Eleonora Bellini, che ha esordito nel 1980 con Metadizionario, si snoda in varietà di versi e di poesie, di sezioni, che in un prosieguo tutto particolare vanno ad una confluenza in cui gli elementi (memoria, paesaggio, radici, sentire, referenti, ecc.) via via si mescolano o si distinguono, emergono o vengono accennati (“Sai che è importante scegliere con cura / le parole, ad una ad una, / e che è meglio poche usarne e abusarne mai / specie in poesia”, Parole, p. 48), si dispiegano e si danno apertamente come in Sera di maggio (p. 86) nel loro significato non univoco e a raggiera. O insistono nel giro di una poesia ironica, con punte di sarcasmo, irridente e sentenziosa di verità tanto vere alla ragione quanto negate da chi si nega alla mente agli occhi alle orecchie, al cuore: così nella sezione Distici.

Confluenza che tutta raccoglie una diversità alla fine solo apparente, in cui ritmi e metri per così dire acclarati nel Novecento, distici epigrammatici, versi versetti e versacci extravaganti (tale una sezione) figurano un ventaglio di variabili per giungere alla denuncia dello stato attuale della polis allargata al mondo (Dispaccio d’agenzia per la vicina guerra, Compianto sui figli perduti, Baluardi, …), alla riflessione sulla quotidianità di ricaduta del sociale e sulla necessità di riconoscervi il conflitto (L’illuminazione della biblioteca, La manutenzione, Il ringhio, ...), all’interrogazione sulla vita e sull’esistenza (Rosa di ottobre, L’ironia del fungo, Terra, Creta,…). E a quella domanda che, nel bilanciarsi in sospensione, restituisce la drammaticità (come movimento della scena indagata, della propria interiorità, della poesia in quanto tale) di Prove d’autunno: «Se la Vita è perfida e la Natura matrigna / se il loro abbraccio di lettere maiuscole / genera vittime ottuse e piega / le schiene dei forti , che ne sarà di noi / da sempre vinti e sottomessi / e della nostra sporta semivuota, / di lettere minuscole?», Se, p. 28).

La poesia di Eleonora Bellini interroga, allora e nel profondo, la vita stessa. Inevadibile (nei fini ultimi) o scontata (nella dinamica socio-politica o gestuale e feriale), la risposta si fa impossibile. Assurda.

Recensione
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