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Per sillabe e lame
C’è una valenza primaria e assoluta che agisce nel profondo
di Francesca Simonetti prima ancora che nella sua poesia: la forza della vita. E
la cosa si dichiara nel suo libro, Per sillabe e lame, che è tutto attraversato
dalla parallela molteplice presenza di figure vitali (familiari, per legami di
sangue o di affetto, ma anche per via di fratellanza letteraria, come nel caso
di Herta Muller o Katarina Frostenson). Figure che sono altrettanti simboli, in
riferimento alla sentita necessità di un’etica positiva della vita espressa
anche in termini filosofici, come opportunamente mette in luce il prefatore.
Una poesia, quella di Francesca Simonetti, dalla cadenza
musicale giocata sulle rime e sulle assonanze, teneramente inscritta dentro la
sfera del riecheggiamento e che affida la sua cantabilità a una trasposizione
come dirottata dall’ironia, spesso destinata ai bersagli di valenza
opportunamente civile, per cui accade appunto che certe sillabe diventino lame.
Il poeta si rende conto che le parole che contano arrivano
quando decidono loro e bisogna essere pronti a coglierle, sapendo che quanto più
sono importanti tanto più si fissano nella mente e nella memoria. I personali
itinerari e labirinti mentali sono pieni, insieme, di ragguagli minimi di una
realtà quotidiana di contatti e di rapporti e dei riferimenti privilegiati alle
figure portanti, con tutte le sfumature e tutti i colori che si affacciano in
ogni esistenza.
È in questo intreccio di dati della realtà e di
interferenze intellettuali che si configura l’aspetto originale di Per
sillabe e lame in una condizione costantemente tenuta in bilico tra due
versanti, quelli pensati e quelli vissuti, in una fusione felice, nella piena
consapevolezza che la vita ci irrobustisce mentre ci cambia ad ogni istante.
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Recensione |
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