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Spesso, una lettura breve, specialmente se si tratta di poesia, riesce ad entrare negli angoli più remoti di un'anima, più di quanto possono decine e decine di pagine che, molte volte cascano – anche se involontariamente – nelle torbide acque del "ripetitivo", causando una parvenza di noia. Ma leggendo questo minuscolo volumetto di Ljuba Merlina Bertolani, dal titolo L'arte del bersaglio, non si può fare a meno di concentrare fortemente la propria attenzione, perché i versi, in questo libretto contenuti, sono versi strani, forse perché resi volutamente tali, perché lungamente studiati ed elaborati a tavolino con ineccepibile bravura. E quando chi scrive si esprime in una forma così particolare, si ha l'impressione che le parole cessino di essere parole, per diventare vampe roventi, fiamme alte. O, meglio ancora: fuochi che scoppiettano di scintille che s'innalzano verso lo spazio, fuoriuscendo, in massa, dall'estrosa mente dell'autrice, che usa le parole in toni diversi, tra i quali quello supplichevole, quasi di preghiera. Ma chissà perché, sembrano anche parole simili a luci che si accendono, brillano, tremano, si estinguono, per poi riaccendersi entro una cintura poetica fatta di amoroso romanticismo e di passionale sensualità. Perché poi, alla fine, tutta l'astrattezza delle parole, dei pensieri e dei sentimenti, sta in quel grande mistero umano che è la febbre dei sensi, l'unione millenaria che, attraverso la magica parola che ha nome "amore", avviene tra una donna e un uomo (ma oggi i tempi son cambiati e gli approcci si fanno anche con persone dello stesso sesso!).

E per questo amore che non tocca soltanto il cuore ma anche i sensi, si possono soffrire le pene dell'inferno, simili a quelle patite dalla protagonista di queste poesie. Perché nel dire poetico dell'autrice, è chiaro che la vittima che soffre è la donna che, pur accettando le varie condizioni che questo complesso amore le impone, sa perfettamente di vivere un ruolo di sottomissione... Ma per quanto ne ho capito io mi pare che il sentimento amoroso che la possiede, le impedisca di concepire reazioni che potrebbero rompere il rapporto. E lei, il suo uomo non vuol perderlo! Lo ha messo su di un piedistallo – malgrado tutto – ed è convinta che senza di lui non può vivere, perché egli, per lei, rappresenta l'intero universo... Questa, in sintesi, la storia timorosa che, in sè, non ha nulla di particolare. Ma ciò che, in realtà, rende originale questa minuscola raccolta poetica, è il sistema espressivo usato dalla poetessa bolognese, che si serve di un linguaggio allegorico, molto forbito, ma decisamente ermetico. Ne risulta così una commistione di versi tutti da leggere attentamente e da interpretare, perché la formula è un po' fuori dalla monotona normalità, anche se ella scava nella profondità dell'inconscio, dove albergano desideri e parole che, al primo impatto, possono apparire oscure, astruse, difficili da comprendere il loro innesto nella complessità molto ricercata dello stile appassionatamente curato, che non manca di avere una perfetta assonanza nell'insieme della composizione poetica. E non manca neppure un coinvolgente ritmo musicale, che imprime in ogni singolo verso, una nota, un po' triste, di dolce armonia!

Recensione
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