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Sono moltissimi gli autori di
romanzi o di racconti americani e stranieri, che prediligono, per i loro lavori,
l’ambientazione americana. Anche Judd Stafford ama usare come “sfondo” la
“Grande Mela”: New York! E questa predilezione, rientra nella normalità.
L’originalità di questi Quindici racconti newyorkesi, sta però nella formula
che l’autore adotta per esporli. Perché come si può constatare, egli ha scelto
di presentarli in maniera un po’ originale, usando cioè una similitudine col
metodo teatrale della sceneggiatura. Infatti, egli non definisce i racconti con
capitoli numerati, ma li data di un proprio titolo, facendolo precedere di una
dicitura: 1a sceneggiatura, 2a sceneggiatura e così via, sino alla quindicesima.
L’ultima. In copertina, però, il titolo è unico: Quindici racconti
newyorkesi.
All’interno, ogni singolo racconto – ripeto – porta il numero della sceneggiatura,
equivalente allo svolgimento del racconto e al nome del luogo dove la storia
prende vita, e il titolo esclusivo, relativo ad ogni singolo racconto ed
attinente alla trama che esso tratta. La scelta di questa “sceneggiatura”, come
se si trattasse di opere teatrali, sta forse nel fatto che, in questo modo,
l’autore può esprimersi meglio, con maggior libertà, maggior chiarezza, maggior
partecipazione, perché è evidente che in ogni “storia”, lo scrittore mette molto
della sua anima complessa, talvolta tormentata, alla continua ricerca di un
“qualcosa” che sempre gli sfugge, che sempre, dopo averlo intravisto, lo vede
sparire, come un fantasma notturno che si perde nelle ombre della notte, tra
rumore di catene e urla di terrore soffocate…
Lo stato psichico dello scrittore
incide fortemente su tutti i racconti e ciò emerge, quasi in modo visibile,
dalla ricchezza dei dialoghi che si svolgono fra i protagonisti – attori, ai
quali, con la sua particolare sceneggiatura, l’estroso scrittore dà vita. Sono
quindici racconti americani che nascono dal cuore e vivono del sangue di una
città turbolenta e superlativamente affascinante come New York. Quindici
racconti brevi, quasi stringati ma fortemente incisivi, con dialoghi che spesso
sembrano monologhi, ma sempre interessanti, per la profondità dei discorsi
effettuati, anche quando, questi, apparentemente sembrano quasi senza senso e
completamente estranei al colloquio che si svolge fra gli attori che, per
volontà dell’autore Stafford, recitano la parte di protagonisti che egli ha loro
assegnato. Dialoghi che contengono una infinità di elementi interessanti, perché
strettamente legati alla vita dell’uomo. Dialoghi che si svolgono veloci in
piena libertà, non appesantiti da descrizioni superflue ed inutili lungaggini.
In quanto alle tematiche, ogni racconto ne ha una tutta sua, ben diversificata
dalle altre con le quali non ha niente in comune, salvo la volontà
dell’autore-regista! Per conseguenza, i vari attori che interpretano la loro
parte sul palcoscenico dei fogli bianchi, recitano non per un loro bisogno di
libertà, ma per la libertà che lo scrittore esercita su di sé, sciogliendo così,
tutti i legami che tentano sempre di imprigionare e soffocare l’uomo! E potendo
agire con libertà, Stafford immette nei suoi lavori, molteplici sfumature,
innestandole in un contesto psicologico alquanto criptico, per via del carattere
imposto ai personaggi-attori, costretti ad una recitazione non sempre facile.
E Judd Stafford è andato a New
York proprio per rendersi conto di che cosa, in realtà, significava vivere a New
York. Voleva toccare con mano il battito frenetico del suo cuore e constatarne
l’emozione che deriva dalla certezza di vivere una libertà fantastica, ignota a
tutti quei popoli vissuti a lungo in schiavitù di corpo e di pensiero.
Qui, approdando in terra
americana, sotto la protezione di quella Statua che è chiamata “Lady Libertà”,
proprio perché della libertà ne è il simbolo, lo scrittore si sente sfiorato da
questa emozione magica. Capisce così che doveva amalgamarsi con questa terra e
da essa estrarne il senso della sua appassionata ricerca, per poter creare le
sue storie e ambientarle in questa favolosa New York, per sentirsi parte
integrante di essa. Le sue ricerche, quindi, sono state accuratissime. Non ha
trascurato nulla, perché si è interamente calato in quella libertà spirituale e
psicologica che gli ha consentito di realizzare un ambìto sogno: dirigere, come
fosse un film, la vita di personaggi da lui creati e plasmati un po’ a sua
immagine. E ha saputo farlo con molta capacità e bravura, destreggiandosi molto
bene in un difficile alveare quale è la grande città di New York. Lo scrittore,
fa perfette descrizioni e sa ben spiegare tutto l’orgasmo vitale che alimenta il
battito cardiaco di una metropoli così complessa e variegata ed abitata da tante
diverse etnie, ma straordinariamente orgogliosa di avere una sola bandiera,
sotto la cui ombra vivere e morire, nel nome di una Libertà che pur nell’insieme
di tanti sacrifici, di tante lacrime e di tante disperate urla represse, solo
l’America sa offrire!
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Recensione |
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