L'Araldo nello specchio
Il canzoniere desublimato
La poesia
di Fabio Dainotti è stata felicemente definita da Francesco D’Episcopo «diario
quotidiano e sussultorio dell’esserci» (prefazione a L’araldo nello specchio
– Poesie 1964-74) edito nel 1996 da Avagliano editore, una sorta di ironica,
autoironica e desublimata epopea del quotidiano, ed insieme diario lirico della
passione amorosa, canzoniere di una materia non più cantabile ma soltanto
orientabile: il rapporto amoroso o lo stato di innamoramento, con tutto ciò che
ne consegue in termini di prevalenza del dispositivo ottico e le visioni in
plein air, come dall’alto di un elicottero, rispetto al dispositivo fonetico
e fonematico, dove la raffinata lectio dei classici del Novecento risulta
perfettamente digerita.
Soluzioni penniane si giustappongono su lacerti di
ascendenza foscoliana, il tutto immerso in un liquido di contrasto tipicamente
post-moderno: un modernismo metaironico che avvolge il dettato come una linda
camicia inamidata e stirata. In questa operazione non è più significativa
l’assonanza, la rima o il significante, quanto ciò che spegne la tradizionale
orchestrazione sonora, ciò che decolora e sbiadisce i vistosi panni
novecenteschi.
Leggiamo la seconda poesia della raccolta citata, dove il sabiano
andante largo si stempera in uno sviluppo poematico di stampo neocrepuscolare:
Il Tuo
passo spedito non ha eguali
se incedi su scarpine collegiali
ondeggia la tua gonna pieghettata
autunnale nel sole la vetrata
alta dell’edificio mi richiude
ma io le palme a voi tendo deluse
non vedi me che ti vedo parlare
all’amica a te unita nell’andare.
Già allora
Fabio Dainotti mette a punto la tecnica del contrappunto e del controcanto, che
poi utilizzerà in tutta la sua successiva produzione, che è una tipica
operazione estetica post-moderna:
Non dovrei
attardarmi sotto il cielo
del parco che circonda la tua villa
e non dovrei fumare un’altra sigaretta
fermo nell’umida ombra della notte
col mio inconfondibile trench bianco
neppure dovrei credermi Humphrey Bogart
solo perché son cupo e silenzioso
e parlo poco e vado dritto al sodo
e la lobbia calcata ho bene in testa
con la testa abbassata avanti agli occhi.
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