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Condensare in poche righe l’avventura poetica d’una vita è
un vero azzardo, per cui non mi resta che abdicare, nel caso di Amore fu - la
poesia d’una vita della fiorentina Alberta Bigagli,
ad una sorta di resoconto stenografico. Dico subito che il suo primo libro,
L’amore e l’altro, pubblicato nel 1975 nelle Nuovedizioni Enrico Vallecchi,
ebbe come mentore il grande Carlo Betocchi, al quale oggi, «come segno di
continuità e non mutata devozione, il presente volume, che raccoglie l’intera
sua opera, viene dedicato».
Tanto premesso,
bisogna registrare gli oltre trentacinque anni di ininterrotta ricerca, durante
i quali Alberta Bigagli non si è limitata a scrivere “versi” nel senso più
comune del termine, ma ha fuso questa sua perizia stilistica nella dimensione di
un approfondimento Linguistico Espressivo a più diversi livelli. La sua
attività, infatti, è costellata dagli incontri nelle carceri, negli ospedali
psichiatrici, nelle aule universitarie, mettendo a frutto tutta la sua
esperienza di un “fare poesia” costruita sull’incontro, sull’ascolto dell’altro.
Tutto ciò mi riporta alla memoria un altro illustre uomo di cultura, Danilo
Dolci, lo scrittore triestino trapiantato in Sicilia, che si mise al servizio
del popolo e attraverso l’analisi maieutica costruì i suoi libri più importanti.
Alberta Bigagli si muove anch’essa in tale ottica, catturando dalla voce degli
altri, le sollecitazioni per avviare una ricognizione a 360 gradi della sua
visione poetica, consapevole che soltanto attraverso un’indagine di tale portata
anche la parola può raggiungere la sua perfezione. Forse dovremmo spendere
qualche parola sulla particolarità del suo linguaggio poetico, che già Betocchi
aveva scoperto nella «struttura prosastica (che) è essenzialmente un’opera di
poesia», e più oltre identificando L’amore e altro, il suo primo libro, per
la sua autenticità, forza espressiva e materica della parola, un ascendente
ideale nei Canti Orfici di Dino Campana. Ma negli anni lo stile di Alberta
Bigagli è divenuto più corposo, a volte più costruito, ma restando sempre legato
ad una rappresentazione alta della parola, sostanziata e fortificata da immagini
metaforiche di vibrante spessore. Nella prefazione alla raccolta antologica,
Valerio Nardoni, percorre i momenti salienti di ogni libro riuscendo ad
inquadralo nella sua pienezza e proprietà, mettendo in rilievo quegli che sono
gli aspetti più importanti dell’avventura poetica della Bigagli. Un percorso che
si nutre di volta di volta di afflati autentici, pieni di una carica vitalistica
davvero unica, pur sapendo che «io lo so che devo morire. | Soo mi si consumano
i tempi | perché vado inseguendo con difficoltà | il senso esplicito di una
parola | cangiante da eternità a infinito e viceversa». Un canto di
consapevolezza che permea tutta la raccolta. | |
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Recensione |
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