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Da Glocal “L’Oriente che è in noi”, un libro testimonianza
Antonio Maglio, maestro di vita e di giornalismo

Meritoria iniziativa quella della leccese Glocal editrice di Pasquale De Matteis, che a quattro anni dalla morte di uno dei protagonisti più vitali dell’informazione salentina, Antonio Maglio, nato ad Alezio il 1941, morto a Newcastle il 2007, ha dato alle stampe una raccolta di articoli pubblicati dallo stesso sul Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto e sul Corriere Canadese.

La lettura di questo libro ha squarciato in me, e in tanti che come me collaborarono con Antonio Maglio, una rete di ricordi e di passioni ideali, che se per un verso ci riempie di mestizia, dall’altro continua a ricordarci quale ruolo fondamentale egli ha avuto per la visione moderna cui seppe imprimere alle sue imprese.

Ho davanti agli occhi la lettera che Antonio Maglio indirizzò a tutti i collaboratori de La Tribuna del Salento, il settimanale fondato nel 1959 da Ennio Bonea, coadiuvato nella titanica fatica dall’inseparabile Totò Vergari, con la quale annunciava la svolta direzionale del settimanale. Quell’intellettuale finissimo ed impegnato che era Ennio Bonea, aveva visto giusto affidandogli l’incarico nel settembre del settembre 1973, e i primi sommovimenti di quella che poi doveva risultare una vera rivoluzione per il Salento, già si profilarono appena due anni dopo, nel ’75, quando costituì la cooperativa CoGiSa (Cooperativa di giornalisti salentini) chiamandovi dentro molti collaboratori della Tribuna.

I miei incontri con Antonio non sono stati fittissimi ma la corrispondenza quella sì, ci sentivamo telefonicamente spessissimo e insieme concordavamo gli interventi per il giornale. Già con la gestione Vergari, era stata lanciata l’idea di una pagina dedicata ai problemi della città dei due mari, Taranto, della quale me ne occupavo personalmente e qualche volta chiamavo amici a collaborarvi. Ma Antonio voleva di più, pretendeva di più, lui era allenato ad un’idea di giornalismo scattante, poco provinciale, seppure attento alle problematiche di tutta la cultura popolare, intesa, quest’ultima, nel senso più nobile del termine.

Qualche volta ci siamo incontrati nella nuova sede di Viale Lo Re (io facevo parte dello “stormo di via Ammirati”, la vecchia redazione, come ha lucidamente scritto in suo articolo Aldo Bello) e abbiamo affrontato e coordinato alcune pagine di stringente attualità.

Il libro è aperto e chiuso da alcune testimonianze preziose (intense e delicate quelle della moglie Luisella e della figlia Manuela, e poi Adelmo Gaetani, Antonio Caprarica, Lino De Matteis, Paola Bernardini, Cosmo Francesco Ruppi, Vittorio Bruno Stamerra e diversi altri), offrendo poi una summa della mole enorme di articoli scritti da Antonio Maglio sulle pagine del Quotidiano di Lecce, Brindisi e Taranto e del Corriere Canadese, che delineano – sia pure a grandi linee – gli interessi di cui Maglio si occupò nella sua militanza di giornalista, vicino ai problemi socio-umani-civili del suo Salento, ma allo stesso tempo acuto osservatore di realtà d’oltre confine, con particolare riguardo agli intrecci storici che lega i popoli.

Ci rimane un rammarico, e nel libro è stato evidenziato, quello che proprio la sua terra abbia dimenticato la sua lezione di giornalista, mentre in Canada vive un Premio Giornalistico “Antonio Maglio”, a testimonianza del suo appassionato lavoro. Saprà la città di Lecce, sia pure con ritardo, saldare il debito con la figura di un giornalista d’altissimo spessore come Antonio Maglio? Speriamo di sì.

Recensione
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