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Nell’ambito delle celebrazioni per il
cinquantenario della morte dello scrittore-drammaturgo-poeta Cesare Giulio
Viola, si deve alla penna sagace di Paolo De Stefano la pubblicazione di un
saggio (Cesare Giulio Viola – Narratore e Romanziere – Edizioni Archita,
Taranto,2008), che attraversa a grandi linee l’attività di uno “scrittore,
celebre un tempo, dimenticato oggi?” (Luigi Scorrano in Il polso presente
–Poesia, narrativa e teatro di Cesare Giulio Viola, Mucchi Editore, Modena,
1996). De Stefano, nella sua lunga militanza di docente e di saggista
letterario, si era già occupato del concittadino Cesare Giulio Viola, ma erano
state incursioni sporadiche, per cui la necessità di intrattenersi su alcuni
aspetti meno indagati del Viola. Su tutti Perché pubblicato in Roma da
Apollon nel 1946, soprattutto il Brogliaccio, ma anche Capitoli e
Le Novelle, in mezzo la cerchia dei tre romanzi più conosciuti :
Pricò, Quinta classe e Pater. In sintesi, De Stefano così propone la
sua dichiarazione d’intenti: “Abbiamo voluto, dunque, nella ricorrenza del 50°
anniversario della scomparsa del nostro Viola, approfondire proprio il mondo
narrativo che va dalla storia dei domestici lari, compresa la ‘sua’infanzia,
alla vita più dinamica e, a volte, esuberante del novelliere, del romanziere,
del critico d’arte ed anche del giornalista e del redattore della Nuova
Antologia”.
De Stefano penetra nelle pieghe più intime
delle qualità scrittorie di Viola, analizzando punti salienti ed anche oscuri ai
più, attraverso un sistema relazionale fra i diversi eventi. Ad esempio, in
merito alla pagina narrativa di Pricò, De Stefano mette in luce una
“novità rispetto al romanzo italiano, primo Novecento, generalmente legato alla
costruzione linguistica ipotattica secondo il modello di certo romanzo
ottocentesco”, perché “costruita sostanzialmente col sistema del periodare
paratattico”. E proseguendo nella sua analisi, lineare ma profonda, ribadisce a
chiare lettere che non bisogna dimenticare che “Viola era soprattutto scrittore
di teatro”. Da qui, anche, la facilità di trasposizione che ebbe Pricò
nell’adattamento cinematografico operato da De Sica per “I bambini ci guardano”.
Gli approfondimenti trovano nei Capitoli e ne Le Novelle,
ulteriori fasi introspettive, che ci aiutano a capire meglio e più a fondo le
qualità di uno scrittore apparentemente semplice nello snodarsi dei fatti
raccontati, ma in pari tempo complesso per quella sua minuziosa analisi
psicologica attorno agli uomini e agli episodi ad essi correlati. Il tutto,
affidato ad una prosa lineare eppure penetrante, ad un’immaginazione vincolata
alla realtà eppure spiccatamente altra, che De Stefano circumnaviga da esperto
nocchiere in una marea di rimandi culturali, rivendicandone autonomia ed
originalità. Il libro è arricchito da un’ Appendice che ripropone “Pagine
su Taranto tratte dalle opere narrative”, che ci fa gustare come un’ostrica
tarantina dei vecchi tempi, fra tutti in modo sommo, la figura di un personaggio
che ha rappresentato per Taranto un faro della cultura: Vito Forleo, storico
bibliotecario ed autore del notissimo Taranto dove la trovo del 1929.
Quel “Diogene Saturnino” che fa parte di Capitolo, è la sintesi
folgorante di una città e della sua realtà, catapultata nelle parole e nei
colloqui dei due amici: Viola e Forleo, senza abbandoni sentimentali, ma nella
pienezza di un sentire che ne fanno una delle pagine più acute della prosa di
Viola. Un autore del quale, grazie anche al saggio di De Stefano, oggi sarà
possibile rivisitare con maggiore libertà ed ampiezza, mentre si attende ( è un
proposito nascosto di De Stefano) anche una parola sull’unico libro di poesie
dato alle stampe: L’altro volto che ride stampato a Napoli da Ricciardi
nel 1909. A tal proposito, c’è da dire, secondo alcune notizie giunteci
attraverso amici, che in tal senso uscirà quanto prima uno studio del prof.
Lucio Antonio Giannone dell’Università di Lecce. Intanto, gustiamoci questo
succoso e documentato scritto di Paolo De Stefano, che ha saputo restituire a
tutti noi, pronipoti di questa “città del lume a petrolio”, oggi “cattedrale
dell’industria siderurgica”,
il
ritratto di uno scrittore da rileggere ancora per tanti anni.
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Recensione |
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