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Le lettere scritte allo storico dell'arte Cesare Brandi

Carteggi importanti ce ne sono sempre stati, qualche volta costruiti ad hoc dall’industria culturale, che tendeva a soddisfare gli appetiti di lettori smaliziati e/o curiosi. Altre volte però essi sono rappresentano un’alternativa per leggere in filigrana interpreti sensibili della cultura a più livelli, ma un epistolario, quale appunto è in buona sostanza, questo Il gusto della vita e dell’arte a cura di Vittorio Rubiu Brandi, pubblicato da “Gli Ori” editori contemporanei, si propone come viatico per approfondire momenti, episodi, realtà umane ed artistiche, attraverso le testimonianze dirette di alcuni protagonisti ineccepibili. Questo libro, infatti, raccoglie le lettere scritte allo studioso e storico dell’arte Cesare Brandi, tratte dall’archivio personale di Brandi donato allo Stato italiano nel 1995,  insieme all’intero patrimonio accumulato in tanti decenni di attività, da ben 27 artisti di diversa levatura artistica e culturale, che hanno fatto grande il Novecento italiano ed europeo. Il libro, abbraccia un arco di tempo che va dal 1932 al 1983, e registra le lettere inviate a Brandi o da lui scritte agli stessi artisti, i quali vanno tutti citati per rendersi conto del valore che esse testimoniano a vari livelli. Eccoli: Afro, Burri, Caporossi, Tassinari, Ceroli, Conti, De Pisis, Leoncillo, Maccari, Mafai, Manzù, Marini, Mastroianni, Mattiacci, Morandi, Ontani, Pascali, Paulucci, Perez, Raphael, Rosai, Romiti, Sadun, Scialoja, Stradone e Tacchi. Come ben si vede, una pattuglia di artisti, pittori e scultori, che davvero hanno lasciato, ognuno dalla propria visuale, un segno nella storia d’Italia.

Difficile estrapolare qualcosa dalla enormità del materiale, trecento lettere all’incirca, ma vale la pena farlo, ed è anche di riflesso un dovuto apprezzamento, citare la lettera inviata da Mafai nel 1940, dalla quale è stato preso a prestito, mai più esemplarmente, il titolo del libro. «Caro Brandi, non dimenticherò le simpatiche giornate che ho passato a Roma, avevo veramente ritrovato una parte di me stesso e il lasciare gli amici e i caldi e larghi orizzonti romani è stato per me non poco doloroso. Penso che un giorno sarà possibile lavorare e riunirsi in una collaborazione affettuosa per il gusto della vita e dell’arte».

Parte proprio da questa semplice verità, quanto mai significativa, la ragione di mettere ordine nelle innumerevoli carte lasciate da Cesare Brandi, che saranno di grande ausilio a chi vorrà ripercorre il panorama delle arti visive del secolo scorso. Infatti, questo volume segue quello della pubblicazione dedicata alla corrispondenza tra Cesare Brandi e Luigi Magnani, mentre altre pubblicazioni seguiranno a completare il percorso di uno degli interpreti più sensibili della cultura italiana del Novecento.

Ma com’è giusto e sacrosanto, occorre dare qualche spunto dell’enorme mole di spunti e di novità che il libro in sé contiene, e sicuramente una parte non trascurabile sono le lettere scambiate con De Pisis, un pittore che Brandi amò subito forse più per il poeta che per la pittura. Questa “comunanza” d’interessi, infatti anche Brandi scriveva poesie, fece sì che tra i due si avviasse una corrispondenza ricca di interessi. D’altronde, De Pisis conservò sempre fama di letterato arguto, e se ve ne fosse bisogno, ci sono qui lettere che lo attestano ampiamente e doverosamente, soprattutto quando egli si abbandonava al gusto della citazione colta, che lo rendeva unico. Un altro rapporto fra i più duraturi è stato quello con Manzù, forse il più lungo, dal momento che la prima lettera di Manzù è datata 1939 mentre l’ultima è del 1988. Ma il loro fu anche un intreccio di situazioni altalenanti, soprattutto a ragione del temperamento inquieto di Manzù, il quale era continuamente avvinto da dubbi, incertezze e anche soggetto a malumori. Ne riportiamo una davvero eloquente: «Così io continuo nel lavoro senza soddisfazioni, ma col demonio che ogni mattina mi porta nello studio con tutte le speranze che per ora rimangono solamente tali, e l’unica prova che porto non a mia discolpa, è che il mio bisogno è talmente naturale come il mangiare, il dormire, il vivere. Carissimo Cesare, verrà il momento che ti farò vedere qualcosa del mio lavoro e sono certo che tu mi dirai sì o no come il tuo solito, senza compromessi che tu non hai mai conosciuto».

Dopo aver messo in evidenza due aspetti agli antipodi del materiale ordinato da Vittorio Rubiu Brandi, con rigorosa attenzione e proposizione, uno spazio sia occupato da un artista pugliese, morto giovanissimo a causa di un incidente stradale, appunto Pino Pascali (nella foto a fianco) di Polignano a Mare. Appunta, in conclusione, Vittorio Rubiu Brandi: «Ed è bello che il libro si concluda con l’avvento di una nuova generazione di artisti: Pascali, Ceroli, Tacchi, Mattiacci, Ontani. Il giusto omaggio in fondo a un critico e a uno scrittore come Brandi che, già avanti con gli anni e con un grande passato alle spalle, trova ancora la forza per guardare al futuro».

Nel libro è riportato soltanto il testo di una cartolina postale, nel quale Pascali informa Brandi di un incidente capitatogli al rientro da Cannes, ma per fortuna risolto senza gravi conseguenze, a differenza di quello dell’anno dopo, quando, dopo undici giorni di coma, si spense l’11 settembre 1968. Struggenti e calde com’è nella natura di noi meridionali, le poche lettere, quattro in tutto, scritte dai genitori di Pino, Franco e Lucia Pascali, i quali ripetutamente si profondano in attestati di stima per le continue attenzioni di Brandi verso l’opera di Pascali. Ecco l’ultima lettera, del 1973: «Amatissimo Prof. Brandi, con comprensibile ansietà spasmodica, ier sera, abbiamo assistito alla preannunciata trasmissione del Ritratto dell’adorato nostro scomparso Pino, cui Ella non ha potuto rimanere insensibile al ricordo, tanto, che col Suo alto apporto, la trasmissione stessa è ottimamente riuscita, suscitando qui – da noi – profonda impressione ed ammirazione per l’assente: Grazie, grazie assai, assai, e, Ci scusi se chiediamo troppo: quando può, ci somministri il Suo vivificante ossigeno rievocando questo nostro figliolo! Con tanta, tanta, devota affezione ed alta stima, Ci creda Suoi Lucia e Franco Pascali».

Una testimonianza dalle quale traspare a forti tinte tutto lo sconsolato dolore dei genitori dell’artista Pascali, i quali si aggrappano a una figura carismatica come Brandi, per sentire ancora vivo il proprio figliuolo. E’ davvero una lezione d’umanità che appalesa quanto straziante fu il distacco per questi genitori, che, però, attraverso l’arte trovarono il giusto risarcimento per mantenere viva la memoria dello scomparso.

Non so quanto ciò aiuti a capire meglio e più profondamente le cose dell’arte, certo è che – senza apparire blasfemi – le vie della creatività sono infinite quanto quelle del Signore. Forse più grandi perché realizzate da poveri e fragili uomini.

Recensione
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