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La passione di Raffaele Carrieri
Erano anni che non mi toccava la gioia di accarezzare le
pagine di un libro così particolare, sentire il profumo della cellulosa
scorrermi nelle mani, in un abbraccio intenso come si fa con la propria amata.
Questa voluttà mi è stata regalata dalla riedizione di un testo del tarantino
Raffaele Carrieri, Il sabato del bibliofilo, apparso nel 1960 in Ritratti su misura a cura di
Filippo Elio Accrocca per il "Sodalizio del libro" di Venezia. Triplo
piacere: la carta vergata della Zerkall-Butten, la prosa arguta e godibilissima
di Raffaele Carrieri, il tutto arricchito da due acqueforti-acquentinte
dell’artista Walter Valentini tirate su torchio a mano da Giancarlo Sardella su
carta revere Magnani di Pescia (queste ultime in soli settantuno esemplari; il
volume in 600 copie).
Bellissimo essere accompagnati per mano per raggiungere
la “serra proibita delle edizioni numerate, ogni edizione un colore, rose di
carta filogranata, qualche velina d’Arches, una camelia imperiale del
Giappone”. L’incipit – come si vede – è fra i più suggestivi e ci sentiamo
affratellati nella ricerca dell’esemplare raro.
Carrieri conosce Armanni, il re di quel giardino
impareggiabile situato al piano superiore della libreria Hoepli, mercè Giovanni
Scheiwiller e quel primo incontro così lo descrive: «Aprì un manoscritto o un
cancello d’oro? Certo si è che penetrai nel più incantato giardino: dei
gelsomini s’intrecciavano, salivano, s’aprivano, stelle di latte in cielo
celeste; un’allodola lontano cantava».
Si avverte nella prosa di Raffaele Carrieri tutto
l’amore per il libro, quella merce che oggi viene spesso smerciata sui banchi
delle librerie, ammucchiata e confusa senza alcun rispetto per la sua anima. Sì,
perché le pagine di un libro hanno un’anima, e lo sa bene chiunque ami la
lettura. Frequentare le pagine di un libro è un’avventura straordinaria, non
importa che tratti di filosofia, di religione, di letteratura; anche un libro
che parla di cose all’apparenza banali respira una vita autonoma e originale. Il
confine è proprio nel saper riconoscere nel libro, in ogni libro, la propria
qualità interiore, che ci porta a vedere gli accadimenti della vita sotto una
luce nuova e diversa. Così attraverso la lettura di alcuni prosatori scientifici
del Seicento, Daniello Bartoli, Lorenzo Bellini, Galilei ed altri, apprendi non
soltanto della «costituzione del globo e del nascere delle fonti e dei fiumi»,
ma perfino «come si formano le perle e i carciofi».
Carrieri tratteggia con maestria figure di professori,
di letterati, di semplici appassionati e frequentatori della libreria Hoepli, di
ognuno rivendicando privilegi, piccole manie, arguzie d’intellettuali raffinati,
alla ricerca ora delle numerosissime edizioni del D’Annunzio, ma soprattutto
quella del Sommaruga; poi Carducci, Pascoli, Foscolo con le sue edizioni
introvabili, quelle di Londra e di Brescia. La famiglia cresce e Carrieri
termina il suo viaggio ricordando quando con Adolfo Franci «scorremmo assieme,
incantati, il manoscritto della Gerusalemme Liberata». Stupenda la
conclusione: «Quel giorno noi eravamo più ricchi di Morgan, padroni del cielo e
della terra». E’ la stessa l’emozione che mi ha regalato Raffaele Carrieri;
figli entrambi di quella terra che fu capitale della Magna Grecia, Taranto, con
la sua prosa limpidissima: ironia e grazia scrittoria della quale si sentiva la
mancanza.
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Vincenzo De Filippis,
Omaggio a Raffaele Carrieri, 2009, terracotta, diam.
cm. 25 |
Nicola Andreace, Omaggio a Raffaele Carrieri, 2009, t.m. diam.cm.25. |
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Recensione |
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