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Il rischio diventa ogni volta sempre più alto. La lettura di un libro di Armando Verdiglione impone un aggravio di riflessioni non comuni. Di sicuro c’è soltanto che non è facile seguirlo nelle sue evoluzioni linguistiche ed intellettuali. La sua prosa irriverente scandaglia a fondo i problemi e suggerisce la sosta. Non puoi superare la frase perché essa ti inchioda, ti definisce. E’ una chiamata alla pausa, allo scandaglio. Tu non puoi camminare senza avere riattraversato la lezione dei Grandi della Storia, della Letteratura, della Filosofia, della Politica. E’ una marea di intuizioni, di citazioni, un intreccio che muove la dimensione dei rapporti e della discussione attorno al tema.

Verdiglione scardina i processi abitudinari e conduce al sommovimento generale. L’apparato si veste nell’evoluzione del pensiero, da cui partono segnali selettivi ed elettivi. La complessità delle domande rappresentano l’universo a cui l’autore affida tutta la sua capacità di agire.

La parola agisce d’impeto e formula ipotesi differenti a seconda degli impulsi che il cervello gli invia. E’ così che demolire i clichè diventa un passaggio obbligato per non restare avvinghiati al già detto, al già scritto, al già vissuto.

La prosa verdigliana spagina lo spartito e rinvia di continuo a soluzioni altre. La allitterazione diventa una costante che segnala i movimenti delle maree, da cui emerge la parola e la sua libertà. Un equilibrio onnivoro se si pensa alla sterminata letteratura che l’ha sempre interessata, ma senza riuscire mai a definirla. E’ come abbattere le proverbiali colonne d’Ercole, perché come dice Verdiglione “La libertà è della parola, e non del soggetto”.

Difficile, allora, mettere paletti qui e là. Tutto si muove nella propria assunzione di responsabilità, e di controcanto tutto muore nella descrizione della sua impossibilità a dirsi, ad esercitare la verità della questione.

Dunque, una duplicità d’indirizzi che portano alla verifica, alle analisi, al di là delle contingenze, come può essere parlarne qui ed ora, ben sapendo che non c’è approdo risolutorio, né tanto meno un viatico. Rimane sopra tutto l’invito a segnalare il cammino e sapere che “La cosa più intollerabile è la parola. Una virtù del principio della parola è la libertà”. Il lettore, come l’autore, dunque, libero e plurale.

Recensione
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