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Davvero un fiume in piena la vena poetica di Renato Greco, attivo in quel di Modugno ma d’origini campane. Con alle spalle un pregevole bagaglio culturale (lo annota nel risvolto di copertina Daniele Maria Pegorari ricordando le sue frequentazioni milanesi soprattutto con il poeta Giovanni Giudici), la sua poesia plana su ritmi e timbri diversificati. Difatti, la sua pagina non ha modelli precostituiti, utilizzando forme metriche e linguistiche autonome, nella dimensione omogenea di una personale visione espressiva e concettuale.

Anche questa autoantologia, La sabbia, il vento la terza, oltre a trentotto volumi e un poema epico in cinque volumi, riconferma la fluidità di un dettato poetico ricco di spunti. Greco osserva, analizza, descrive; non trascura il benché minimo dettaglio, che sotto la sua lente d’osservatore speciale diventa pretesto per dire quello che agli altri spesso e volentieri sfugge. Un lavorio incessante quello di Greco, che non si ferma davanti agli ostacoli, superandoli con la familiarità di chi è avvezzo alla magnificenza delle parole, nelle quali, pur nell’affluenza delle pagine, sa riconoscere le pietre preziose inanellandole nella sua collana. La quotidianità viene osservata alle lenti di un microscopio speciale, quello di una poesia che si costruisce giorno dopo giorno, analizzata nella sua naturalità e specificità di bellezza. Quel sogno poetico che spazia libro dopo libro, perché è il vincolo necessario che ci tiene legati alla vita.

Recensione
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