| |
Questo libro di Maria Rita Bozzetti,
Monade arroccata, edizioni Lepisma, Roma, collana di poesia “Girasoli” diretta
da Luigi Reina, scrittrice romana di nascita, ma attualmente operativa a
Galatina, giunge sulla nostra scrivania come segno profetico, dal momento che
l’autrice si è cimentata su alcuni passi dell’Antico Testamento, Qoèlet, e del
Nuovo Testamento, il Vangelo di Giovanni. Diciamo subito che, lo sottolinea nel
denso ed esaustivo saggio introduttivo Donato Valli, la poetessa non si è
affidata ad “un modello di letteratura; è qualcosa di più, un richiamo che forza
il poeta a mettere in gioco la sua personalità, la sua fede (o il suo
scetticismo), la sua visione del mondo, la sua idea sul destino dell’uomo”.
Infatti, la Bozzetti non costruisce un mero
edificio referenziale, la qual cosa sarebbe risultata povera, ma si lancia in un
controcanto folto di immagini, di interrogativi, di emozioni che s’intrecciano
arditamente in un pluralismo lirico. Il richiamo a particolari eventi del
Vangelo di Giovanni: Ultima Cena; Passione; Prologo e Nozze di Cana,
si qualifica come percorso di attenzione, perché la sua ambizione scavalca il
dato oggettivo per instaurare un dialogo soggettivo, cioè d’interpretazione
all’interno degli stessi modelli stilistici a cui di volta in volta approda.
Nei suoi versi emergono soffi di alta
tensione spirituale-religiosa, senza però perdere di vista le implicazioni più
dirette, diciamo laiche, che aprono finestre più partecipative e alla portata di
ogni uomo. Trascorre e si moltiplica nel suo linguaggio un movimentato flusso,
modulato attraverso riferimenti e istanze cristiano-teologiche, ma espresso come
indice di una verità allargata, più fortemente avvertita da chiunque si avvicini
al testo.
In una temperie così ardita ed altera, dove
la carica simbolica della versificazione si dilata all’infinito, si approda ad
una dimensione in cui la specificità del dettato, dell’impulso originario, non
rimane isolato ma si determina nello sviluppo dell’ascesi della parola, come
ineguagliabile percorso di vita.
Ed è allora che prorompono domande
taglienti, affilate come il “tintinnar di violenza” e più ancora quando “la
vicinanza dell’altro odora di sangue e di paura”, e sgomento il poeta cerca
risposte che non arrivano per “il tuo silenzio (che) brucia più della lama”. Il
pulsare dell’anima scatena inquietudini e assorbe all’ultimo spasimo il bisogno
di sapere, di comprendere, di riflettere, sui tanti perché e per come il destino
dell’uomo e la parola rimane soffocata nella gola: “la parola è un grido che
abbraccia | stringe, lascia e riprende masse | di inanimati elementi
galleggianti | nel vuoto e sospesi sul silenzio del tempo: | la parola infiamma
e poi brucia e forgia | e poi bagna e raffredda, e unisce | anelli di catene
circolari in stampi”.
Sovrasta, dunque, l’urgenza di motivare le
scelte della comprensione, che non sono soltanto, come ha dichiarato la stessa
autrice, univoche ma amplificate perché se una da parte c’è la “ragione: è il
cuore in perenne tumulto che sceglie e mette la ragione in tormento; è
un’interiore impellenza in cerca di risposte esaurienti che preme e indirizza su
impronte di rasserenante certezza rimaste nella coscienza dopo pesi atavici di
dubbio”. Quella stessa certezza che Gesù avverte quando prima della festa di
Pasqua, prima di salire al mondo del Padre, però vissuta con serenità e
consapevolezza che “sulla pergamena del vissuto dolore | resta il tuo destino a
germogliare il futuro”.
Questa poesia ha il dono di non chiudersi
dentro l’icona tautologica , ma cerca di decifrarne le implicazioni umane, con
accenti vicini alle verità d’ogni essere e d’ogni giorno. In questo senso c’è
una perfetta comunione fra fonte ispirativa e afflato poetico, fra dettato
primario e la carica simbolista del verso. Dunque, il suggello di un poeta dalla
voce sicura e piena.
| |
 |
Recensione |
|