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Dove va oggi la poesia?
Dove va oggi la poesia?
E’difficile dare una risposta a questa domanda. Dopo lo
sperimentalismo della Neoavanguardia e l’impegno ideologico degli anni sessanta
e settanta, sembra calato il silenzio e vige un costante imbarazzo da parte
della critica di fronte a un panorama fluido, cangiante nelle tematiche e negli
stili, ora legato ancora a moduli ermetici, oppure
neoavanguardisti-sperimentali, ora a moduli filosoficamente elaborati . In tutti
questi casi, la poesia presenta l’utilizzo di un linguaggio difficile, talvolta
completamente destrutturato ed incomprensibile, che ha finito per allontanare il
pubblico dei lettori dalla poesia contemporanea e, di conseguenza, i grandi
editori che, agendo inevitabilmente secondo la logica di mercato, non pubblicano
ciò che non si vende.
Neppure la ripresa delle strutture metriche della
tradizione può risultare efficace, perché esse, se usate con rigore, sono
comunque una remora all’espandersi dell’ispirazione artistica.
Allora che fare affinché la poesia non continui a vivere
nel limbo ? Forse bisogna innovare il linguaggio perché parafrasando Pirandello
” il problema è tutto qui, nelle parole”, ma non perché ognuno vi attribuisce
il significato che vuole, secondo il relativismo gnoseologico del citato
drammaturgo, ma perché il lettore non le comprende affatto sia nel sema
specifico, quanto talvolta nell’irrelata disposizione logico-grammaticale che
esse assumono nel verso.
Insomma è necessario tornare ad una lingua semplice,
normale, ad una strutturazione grammaticale-sintattica logica, che rende
fruibile ad una prima lettura il senso generale della frase e dei versi,
affidando la dimensione poetica dell’espressione alla musicalità delle parole,
al ritmo, a sporadiche rime o quasi rime, a tropi connotativamente rilevanti,
ma facilmente decodificabili, per dirla in breve ad alcuni di quegli elementi
retorici e metrici della tradizione letteraria che rappresentano
un’inesauribile ricchezza a cui bisogna attingere non in modo indifferenziato,
ma gestendola adeguandosi alla realtà della comunicazione odierna.
A tal riguardo appare opportuno evidenziare, sebbene
dovrebbe essere superfluo considerato quanto suddetto ,che “adeguarsi” non è
detto nel senso di utilizzo del linguaggio iconico e mozzo dei messaggi
telefonici, ma di non rinunzia a quella oraziana medietà linguistico-formale
che, pur non rinunziando a qualche “callida iunctura”, garantisca al verso la
comprensione dei significati insieme al godimento estetico, caratteristiche che,
secondo il nostro punto di vista, dovrebbero considerarsi gli elementi necessari
perché la poesia continui a d essere letta e riacquisti quella popolarità che la
caratterizzava nel passato.
Per concludere, non si preconizza per la poesia un futuro
di letteratura di consumo grazie ad un cannibalismo espressivo, ma di
ripensamento della forma per favorire la ricezione quasi immediata dei
contenuti, dei significati siano essi espressione dell’interiorità individuale o
della realtà storico-sociale che viviamo.
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