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Il lago e il tempo

E’ come se il luogo di nascita della poetessa abbia trasfuso nel suo animo lo spirito vagante di colui di cui porta il nome: Pascoli, infatti Imperia Tognacci pare avere assimilato la malinconica nostalgia del poeta, il suo legame con il nido, con il passato vissuto come lutto non rielaborabile, perennemente vivo e presente. Così la figura paterna e quella materna, la guerra e la morte costituiscono il campo semantico intorno al quale maggiormente si muove l’ispirazione dell’artista e la parola chiave di tale campo è il tempo.

Pertanto la memoria diventa quasi conduttrice unica dell’anima e della poesia e il passato, quale flashback costante, senza proustiana occasione motrice, emerge dal ”lago” del cuore insieme ai sentimenti che lo accompagnarono, sia essa la rievocazione angosciosa della guerra: “sotto l’ombra nera della guerra \ vaga l’umanità ricalcando orme \ ... In questo giro della ruota del tempo \ io vivo, tra il nervo scoperto del tempo \...” (pag. 46), o il ricordo malinconico della madre: “Hai consegnato tutti i tuoi chicchi, \ madre, spiga che il tempo \ ha falciato” (pag.19), o la rievocazione dolce-amara di momenti vissuti con il padre: “…Ti rivedo \ a pochi passi nell’eternità dei \ boschi che percorremmo \ insieme…” (pag. 30); in quest’ultima lirica lo smarrimento dell’io trova esplicazione non solo nella pregnanza delle metaforiche immagini, ma anche nell’inarcatura del verso, infatti la figura metrica dell’enjambement segna costantemente l’antitesi: presenza nel “lago”, assenza nella realtà.

L’Es e l’Io sembrano collaborare in questo tentativo di oggettivare incubi ed esperienze del passato, che il trascorrere del tempo non cancella, in questa continua emersione di momenti di vita vissuta; non a caso l’occorrenza più frequente del testo è il lago, metafora, per niente oscura, dei meandri del cuore ed in esso persone ed eventi vivono immersi e sempre pronti ad emergere: “Immagini \ remote prendono, nel murmure \ lago,voce e respiro…” (pag.18), pronti a prendere consistenza, vita, pronti ad accompagnare il quotidiano che trova in esso conforto e compagnia.

Ma il lago della poetessa è assimilabile anche al dantesco “lago del cor”, sconvolto per la paura dell’ignoto, infatti la realtà presente con la sua corruzione, con la sua avidità di guadagno, di potere, continuamente ripropone il patire e i dolori degli oppressi, dei deboli, e, per esprimerci con una metafora che Vittorini adopera in Conversazioni in Sicilia, “dell’umanità offesa”, di conseguenza, l’artista di fronte a tale realtà non può non sentire paura ed angoscia per l’ignoto futuro, sicché una temuta nuova guerra mondiale, come il globale imperialismo economico vigente sembra talvolta preconizzare, le richiama alla mente atrocità e distruzioni già conosciute e troppo traumatizzanti per potere essere dimenticate.

Così dal passato lo sguardo della poetessa si volge al presente e denunzia la corruzione che alligna nella società contemporanea: “Senti? Scricchiola l’impianto \ per il gemito dei piagati con \ addosso il cilicio dei soprusi \ del mondo opulento. \ Nel mondo impazzito ... \ ... \ il polso si tasta alla debole pace, \ mentre ideali sbiaditi sventolano \ su dimenticate altitudini” (pag. 45), o il patire dell’emigrante: “Addio \ cembali e tamburi, ora, suonate \ la tristezza del nuovo emigrante” (pag, 43), anche se poi, alla fine, non smette di sperare che l’umanità non resti impigliata nella panìa delle sue terrestri passioni e possa come cigno in alto volare: “Verso \ l’acqua aperta s’avviano cigni, \ non intrappolati delle cose, \ immuni dal panico del tempo \ che passa, dalla crisi che \ attanaglia il mondo globale” (pag. 48).

Un epos, una trama narrativa sottesa che si evince anche dall’assenza di titoli ai singoli testi poetici e che con un linguaggio simbolico e pregnante, ma anche musicale ed essenziale nella strutturazione sintattica della frase, propone al lettore memorie irremovibili ed ansie per il futuro, di fronte a un presente che, nell’immutabilità della natura umana, sembra prepararsi ad un futuro che non si discosta dal già vissuto.

Vichiani corsi e ricorsi storici? No, il poeta, nonostante tutto, riesce a sperare.
Recensione
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