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L’ignoranza dei numeri - Storia di molti delitti e di poche pene
Il romanzo
poliziesco è un sottogenere letterario, nato nell’Ottocento con il racconto di
Edgar Allan Poe,”I delitti della rue Margue” che ne fissò in qualche modo i
tratti caratteristici, quali la presenza di un acuto investigatore che con una
sua precisa personalità spesso appare in una serie di romanzi, come, ad esempio,
lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle o l’Hercule Poirot di Agatha Cristhie.
Esso è un sottogenere di grande successo popolare perché in grado di appagare il
gusto di un vasto pubblico che attraverso tracce progressivamente disseminate
viene emotivamente ed intellettualmente
coinvolto. Il
romanzo di Francesco Paolo Oreste, “L’ignoranza dei numeri” a buon diritto
appartiene a tale sottogenere, infatti ne presenta tutte le caratteristiche, non
esclusa la presenza di un assistente dell’ispettore, Michele a polemica
di poche parole che, novello Watson, lo coadiuva con il suo pragmatismo.
Tuttavia il protagonista, l’ispettore Romeo Giulietti non è descritto esclusivamente nella sua operativa abilità nella
conduzione delle indagini, ma anche e soprattutto nella sua vita privata, nella
sua indole, nella sua essenza interiore conscia ed inconscia, sicché il suo
modo di essere diviene “un esserci” per adoperare un sema heideggeriano, che
guida il suo agire anche nell’attività
investigativa.
Ne consegue che nello stesso tempo
possiamo considerare il romanzo come inseribile nel sottogenere espressivo-
emotivo, poiché quello poliziesco non è sufficiente a qualificarlo, tuttavia,
grazie a questa sorta di contaminazione, il narratore riesce a fornirci un
ritratto complessivo e una coscienza di sintesi dell’esperienza umana.
L’ispettore
Romeo Giulietti è una persona riflessiva, che nutre speranza, indotto ad amare e
a capire, ad entrare dentro le motivazioni economiche, sociali che inducono
alla deviazione per carpire insieme all’illegalità, l’ingiustizia
socio-economica che spesso si pone alla base dell’atto criminoso e il processo
razionale ed emotivo nello stesso tempo, del tentativo di comprensione è tale
che diviene anche materia dei suoi sogni: ”Lui , l’ispettore, sogna la vita
degli altri: i loro amori, le loro miserie e i loro dolori gli cadono dentro …
e aspettano che Romeo Giulietti chiuda gli occhi.
E poi ricomincia lo
spettacolo.”
Alla sua indole
naturalmente indotta alla comprensione e all’amore sembra alludere anche il suo
nome, Romeo Giulietti che tanto ricorda il titolo di una rinomatissima commedia
di W.Shakespeare.
Uomo
di cultura, amante della lettura e della poesia, antepone la giustizia al
rispetto della legge, considerato che “spesso la legge si faceva beffe della
giustizia, la relegava in un angolo e godeva nell’ affermare il suo arrogante
potere” (pag.138) e proprio per questo, egli volge la sua attenzione agli
ultimi, in una Napoli avvilita dalla camorra e dalla collusione di questa con il
potere burocratico e politico.
Ma la
caratterizzazione del personaggio non è affidata soltanto alle reazioni nello
stesso tempo, come si è già detto, razionali ed emotive del suo operare nel
corso delle investigazioni, ma anche alla descrizione dei suoi amori, quale
quello impossibile per la sua Rebecca.
Nonostante
il suo saggio operare il nostro ispettore rischia di essere processato e
licenziato per aver favorito uno sciopero contro le discariche dell’immondizia
alle falde del Vesuvio e vicino alle abitazioni, ma durante una conferenza
stampa, grazie all’uso accorto delle parole, riesce ad assecondare tutti,
pertanto non gli resta che esaltare il potere delle parole poiché esse “non
sono numeri, non hanno la pretesa di essere universali ….Sanno di potere essere
tutto e niente, che il loro senso dipende dal tono, dai gesti, da un respiro o
un accento.”
Con una prosa
semplice nel lessico e nella strutturazione morfo-sintattica, lo scrittore in
posizione eterodiegetica, ci pone di fronte ad un intreccio che diviene anche
occasione per esaltare il potere della parola.
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Recensione |
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