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Paolo Ruffilli anche scrivendo in prosa si rivela poeta,
infatti Un’altra vita può definirsi una raccolta di prose liriche in cui il
lirismo domina non solo la tematica amorosa, filo conduttore di tutti i
racconti, ma anche le parti descrittive che focalizzano le dimensioni
spazio-temporali in cui le diegesi si svolgono. Sia la brevità dei racconti, sia
l’incanto musicale e la rarefazione delle parole di alcuni periodi ricordano la
poetica del frammento, elaborata da De Robertis nei primi del Novecento
nell’ultima "Voce" e poi ripresa ed elaborata dai "Rondisti". Come loro,
Paolo Ruffilli nel breve cerchio di poche e nitide parole, con una prosa
raffinata e poetica ci racconta storie d’amore, o meglio l’incipit di storie
d’amore, infatti lo scrittore ama suggerire più che raccontare,lasciando così
alla fantasia del lettore la possibilità di liberamente immaginare non solo
l’altra vita che nascerà dal fortuito incontro fatale, ma anche il modus vivendi
precedente, visto che sono amori che nascono da ruderi di altri amori ormai
finiti o patiti o, comunque, diversi rispetto al nuovo amore. E’ come se, con
una scrittura leggera, quasi impalpabile che talvolta non manca di velata
ironia, il poeta voglia suggerire al lettore tanti romanzi possibili, proprio
per tale poliedrica possibilità di sviluppo.
La struttura chiusa dei racconti, la simmetria costruttiva
che li caratterizza (otto paragrafi per ogni racconto; cinque racconti che si
svolgono durante ognuna delle quattro stagioni) non pare avere finalità
simboliche o allegoriche, ma tecnico-pratiche, infatti tali limiti consentono
allo scrittore non solo di esercitare meglio la sua libertà inventiva e
narrativa, ma anche, sottotraccia, di invitare il lettore alla suddetta libertà
immaginifica della diegesi.
Quanto detto vale anche per lo spannung del racconto: il
fare l’amore, che viene sempre raccontato direi con pudicizia, quale epifania
del sentimento, lontana da ogni pruriginosa descrizione dell’atto in sé e per
sé, anzi si direbbe che proprio tali momenti sono quelli che maggiormente il
lettore è invitato a immaginare.
La vastissima letteratura che ha per argomento l’amore,
rivela non la semplicità e la banalità del tema, ma la sua complessità e la
infinita pluralità di prospettive attraverso le quali l’argomento è trattabile e, comunque, essa rivela come l’amore è la forza motrice della vita.
Paolo Ruffilli
con un’inconfondibile scrittura poetica e con un atteggiamento tra distaccato
ed ironico o coinvolto e partecipe, entra dentro un aspetto, una prospettiva, un
modo di essere e di vivere l’amore, porta i lettori dentro le stanze degli
amanti, nei loro amori che nascono da altri amori, indaga e propone i meandri
nascosti della psicologia degli amanti e, soprattutto dell’animo femminile che sa
penetrare e descrivere con sottile analisi, per poi infine, in una sorta di
gioco, lasciare libero il lettore di immaginare e pensare. Insomma, come la
struttura chiusa di ogni racconto non chiude, così la conclusione di ogni
racconto non conclude, prepara sempre diegesi e cronotopi particolari: quelli a
cui si può pensare nel momento in cui si finisce di leggere ogni racconto,
quello tra i tanti possibili che lo scrittore ha pensato e composto nel
momento in cui ha tratto ispirazione dagli autori prediletti a cui i venti
racconti sono dedicati.
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Recensione |
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