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Pietro
Nigro è un siciliano, un poeta nel cui udito riecheggiano i miti d’Aretusa,
sensibile, quale scrittore in versi, alla pienezza ed alla estenuazione: gli
estremi che caratterizzano le terre solari. Diciamo un poeta calato nella
realtà, ma con un occhio nella tradizione che lo ha formato. Alfa e Omega
è una sua raccolta poetica molto bella e accesa, perfettamente allineata nella
varietà dei temi, la cui fisionomia emerge fascinosa e mai scontata. Sebbene le
forme siano ben costruite – sempre nella libertà dei versi – e l’eco degli
antichi sembri fare qua e là capolino, non vi è sostenutezza classicheggiante,
bensì modernità e confronto con la modernità (“cyborg alato di fantasie |
sensazioni virtuali”; “potenza di un gioco | danno di un nulla virtuale”).
Nell’arte di Nigro il tratto di maggior forza è comunque caratterizzato dalla
riflessione, modellata negli enjambements sicuri, sul rapporto dell’uomo
con la natura che lo circonda (si veda a proposito la quasimodiana Sei tu la
mia ambizione). La natura è un “tu” interlocutorio, ricorrente più o meno in
tutte le composizioni, dagli “indefiniti confini”, ma presente e vivo; e l’uomo
cerca un dialogo con questo “tu” misterioso, molto spesso presago di eventi
futuri e cosmici. Eppure non si tratta di un dialogo ragionato con logico
rigore; si tratta piuttosto di un parlare stupito e disinteressato, fors’anche –
a scapito di quanto si direbbe ad una prima lettura – estraneo a pretese
metafisiche e congegnose: probabilmente un’appassionata ed incuriosita sintonia
con i sentimenti dell’oggi e del domani, senza dimenticare le origini.
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Recensione |
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