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La quarta pubblicazione di Bruno
Bartoletti manifesta l’impressione di una attenzione volta alle cose che sono
smarrite e non si ripresentano, di un travaglio naturale designato alla
sconfitta, tanto che “il tempo dell’attesa” sembra un’espressione tesa a
suggerire neppure tanto velatamente la personale riflessione intorno all’idea
della fine che l’autore, come ogni artista che si rispetti – e direi uomo – sa
di dover ingaggiare prima o poi. Bartoletti vanta anche una lunga e proficua
attività in campo didattico e culturale, sia come dirigente scolastico che come
animatore del premio letterario “Agostino Venanzio Reali”, giunto quest’anno
alla quarta edizione e ad un livello ottimo di autorevolezza, accompagnato com’è
da un Convegno annuale e da una proficua attività che continua la riscoperta di
questo grande poeta di Sogliano, il paese dello stesso Bartoletti, che spesso
ritorna come palcoscenico del suo dramma. «Il tempo mi trascina in questo borgo
| cupo di foglie morte e di silenzi, | ove m’inoltro appeso alla penombra | di
questo giorno rapido che incalza».
È una
parola musicale e dolente quella che caratterizza il tempo dell’attesa. Il poeta
si accorge di una distanza che avanza col procedere del tempo: «Oh la distanza,
quanta pena porta!». Un dolore che avanza come un fiume scarno e sonnacchioso
ma anche a tratti rapido e ripido, come l’Uso, «tra i mari e le sorgenti, sulle
sponde | di effimeri rimpianti, tra le crepe | di meste lontananze» e che
insinua quel tono di persistente melanconia, di «parole che si aprono la sera,
sul velluto | di un accorato soffio di mestizia». Si badi, non si tratta di un
facile abbandonarsi al sentimento: Bartoletti affronta tutta la tradizione, nel
modo sinteticamente ed esaurientemente tracciato da Andrea Brigliadori
nell’introduzione, da Pascoli a Leopardi, da Montale a Ungaretti a Campana, ma
tutte le voci dei grandi poeti amici vengono fuse nel crogiolo di un’espressione
che tende all’altezza classica e a fissare classicamente i propri sentimenti,
lontano da ogni oscurità ermetistica.
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Recensione |
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