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L'autore, in Nota, comunica al
lettore che questo libro raccoglie la maggior parte dei testi scritti tra il
1994 ed i primi mesi del 1996. Inoltre, chiarisce che queste pagine non
rappresentano "il semplice tentativo di percorrere la via, per me nuova, della
sperimentazione formale. Si tratta, invece, di riprodurre, anche nella lettura,
il disagio, la dura pena di vivere ed il profondo senso di solitudine dei quali
si alimenta la "storia" che questo libro racconta".
Crediamo sia importante. In veste
prosastica appena sostenuta, declinante verso l'indagine della profondità
dell'essere, oltre il reale visibile e dicibile, nella composizione "Due" assume
un forte interesse linguistico e riesce a dare al lettore quel colpo d'ala che
in ogni strofa aspettiamo, prima di voltar pagina. Ed ecco: "questa formula
di vita mi piace. | Quasi a non provar più noia né | vertigine, quasi a non
voler | più dire: "Sono certo di vivere | ... tu lo sai; le lacrime tenute
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dentro, lasciate dentro il corpo | presto diventano ghiaccio e la tua |
disperazione resta manto di | neve e poi acqua a coprire...".
Stupore e dolore calmano il ritmo
delle parole. Danilo Mandolini ha già vissuto e sofferto, ha già visto tutto
quel che c'è da vedere. Non può più ingannarsi. E' riuscito a costruire in
simboli e metafore il tempo passato, il presente e guarda al futuro come a cosa
acquisita da tempo. In questo modo, la poesia è l'universo espressivo a cui egli
consegna una saggezza conclusa in se stessa. "Tutto è fiato che sfiata e che
| rifiata, io dico, solo per dare | all'ultimo frammento di una | vita, l'intera
vita reale; | la stessa che tutti, dopo, si muore..." (ultima). Le
illustrazioni grafiche accompagnano, sul filo di tenui tracce, di indicazioni
prive di insistenza, destinate ad ampliarsi in uno spessore metafisico, le
pagine sofferte, le visioni ferite, le parole che avvertono il dolore di vivere
senza sbiancare né corrodersi. Tutto rimane oltre la nostra non richiesta
presenza.
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Recensione |
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