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Roberto Mosi è nato a Firenze nel 1942, dove vive. E’ impegnato nel
volontariato, con particolare riguardo al campo della cultura e dell’educazione
degli adulti.
Firenze,
una città di bellezza impareggiabile in cui, come disse la poetessa portoghese
Sophia de Mello Breyner Andresen, che ivi ebbi la fortuna di conoscere, “a
Firenze la proporzione dà il sorriso alle cose”. E il sorriso di tale armonica
bellezza traspare dai versi di Mosi, il quale, nelle “note dell’autore”,
all’inizio della silloge poetica, afferma: “Attraverso le piazze | ricerco
pagine di storia, | immagini di vita, | l’idea della bellezza”. In questi
brevissimi versi è il sunto del percorso poetico del libro di Mosi, un percorso
che non tralascia di descrivere, innestate nello splendore della città, le zone
d’ombra, tanto evidenti per chi vuole osservare; sono le povertà umane che a
Firenze, come in altre città d’Italia, hanno i loro luoghi: “Maria alla finestra
| chiama i passanti, urla i rumori, parla di storie d’amore. || Eri l’infermiera
| nei reparti del manicomio. || Abiti oggi il mondo dei folli, | le tue parole
incrociano | storie di donne legate alle corde dei letti, | docce gelide,
elettroshok per cura. || La finestra d’improvviso | si chiude, rimane l’eco |
sospesa sui gas dei motori”. Nel corso della lettura si coglie la sensibilità di
un cuore, quello del poeta, che passa nei luoghi della città Florentia e con
attenzione sa osservarla, annotando fatti, situazioni, azioni, voci, la sua
presenza sembra non modificare mai la scena, anche quando egli stesso si trova
ad esservi coinvolto, la descrive con oggettiva attenzione e intelligenza
poetica. Mosi percorre spazi e segue le linee delle vite che ivi si sviluppano e
compiono le loro azioni necessarie. La vista del poeta riesce a modularsi tra
percezione panoramica e particolare di oggetti e vite. La sua poesia è, in un
certo senso, geometrica, segue linee precise, come un ragno tesse la sua tela
poetica con precisione e determinazione: “Sulla strada di casa attraverso la
sera | piazza dell’Annunziata. | Novanta passi è lunga la piazza | trenta le
colonne, otto bambini | in fasce, tondi bianchi di smalto, | sessanta le api per
il Granduca || […]”.
Il percorso del poeta non si snoda soltanto attraverso luoghi ma anche
attraverso il tempo, nel suo sostare, talvolta, apre, nella memoria propria e
del lettore, squarci temporali, nel tentativo di non perdere la memoria storica,
nel corso travolgente dei fatti sociali che caratterizzano il nostro tempo e che
chiudono e dimenticano le lotte e gli ideali in scatole poste nei solai
dell’informazione: “Il salotto buono di Firenze | appare in bianco e nero, | i
colori delle storie di Vasco: | le tute blu arrivano da Rifredi | la polizia è
schierata, sbuca | dai portici la camionetta, | picchiano forte i manganelli, |
si grida in coro pane e lavoro. || Le Giubbe Rosse sono sbarrate, | i poeti
scomparsi. | La musica è delle sirene, | i versi le urla degli operai”; e non
solo della città: “[…] || Una bandiera rossa | sullo scaffale più alto | avvolta
dal silenzio del tramonto”.
Una bella prova poetica, sostenuta da una nettezza esemplare dei versi (cifra
stilistica comune a chi è pubblicato da questa piccola ma importante e
necessaria casa editrice) e da un dosaggio calibrato tra sentimento e verismo.
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Recensione |
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