| |
I poeti autentici hanno il coraggio della banalità: è la
lezione che Saba sussurrò alle nostre orecchie distratte,
dicendo di amare trite parole che non uno |
osava…, incantato com’era dalla rima fiore |
amore, | la più antica difficile del
mondo. Nevio Nigro è uno di quei poeti che non hanno
paura dei colori primari, delle parole abusate e in
apparenza logore, di cui certi scrittori (specialmente
lirici) sembrano vergognarsi, come ci si vergogna del
parente simpatico, ma un po’ scemo, che ci mette in
imbarazzo nei pranzi di famiglia.
Se leggerete Il sale
dei baci, scoprirete che la
verità interiore di un uomo non ha bisogno di contorcimenti
linguistici e concettuali per stagliarsi nella luce. Nigro
vi parlerà della luna, lenta e innamorata, calante e nera
come i capelli di una ragazza (quanti poeti oserebbero
istituire una similitudine così sdrucita?); vi dirà delle
giovani donne, viste passare lungo la strada o distese sulla
sabbia del tempo, reali e immaginate, pensate, sfiorate dal
ricordo, come quella ragazza bella |
che abita in fondo al viale e lo illumina di un
sorriso; vi parlerà della notte, del mare e del vento:
“notte”, “mare”, “vento”, suoni che anche certi parolieri
con pretese intellettualistiche maneggiano con parsimonia,
nel timore di essere considerati autori “sentimentali”.
Ebbene, Nigro è un poeta sentimentale, cioè la sua poesia
aderisce totalmente al piccolo mondo spirituale, morale,
affettivo di un individuo attraversato dalle nostalgie, dai
rimpianti, dai “fragili sogni” degli uomini. “Sogno” è
un’altra parola “trita”, di cui il poeta si prende cura;
forse la più trita, tra quelle che guizzano nella sua rete:
…Sognavo un sogno | pieno di paura. | Un
lungo sogno | che non voglio più (…)
Senza quel sogno | che farò la notte?
Dopo quel sogno | non sarà più giorno.
Nigro cita Shakespeare e Calderon de la Barca, attingendo dal
repertorio più scontato: “La vita è sogno”; e
ancora: “Noi siamo fatti della stessa sostanza
del sogno…”; citazioni di cui sarebbe capace
anche chi non avesse mai letto una riga dei due
drammaturghi: è uno sberleffo nei confronti degli impiegati
della scrittura, che corredano le proprie miserie letterarie
di riferimenti ai filosofi più pensosi, ai poeti più solenni
e oscuri, fingendo di averli capiti. Certo, la semplicità,
la limpida evidenza, non rispecchiano necessariamente una
mancanza di complessità: l’una può esistere accanto alle
altre; ma in Nigro non c’è neanche la ricerca della
complessità; c’è la semplicità nuda della poesia, quella sì,
ma come conquista, non come dato acquisito a priori. Spesso
il suo verso esaurisce lo slancio nel punto fermo, come
nella lirica Momento: Stasera piove. |
Sono scuri i tuoi occhi. | E oscura sei. |
Piove la tua voce. Eppure proprio il procedere dello
stile per incisioni nette e brevissime, dà al lettore la
sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di non finito,
come i frammenti di un’elegia perduta.
Una volta chiesero a
Montale di dare una definizione del poeta; domanda ingenua,
a cui con finta ingenuità egli rispose: “Il poeta è uno che
scrive poesie”; con ciò intendendo dire che i poeti non sono
in confidenza con gli dei, e che anche le parole più belle
può portarsele via il vento. Forse le poesie di Nigro non
abiteranno a lungo la vostra memoria, dopo che le avrete
lette; ma non importa, perché non vogliono essere più di
quello che sono: baci sull’acqua, nuvole che passano sui
ricordi e l’amore.
| |
 |
Recensione |
|