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Storie di strada

L’ultima pubblicazione di Menotti Galeotti, Storie di strada (Polistampa 2013) è percorso da una nobile “tristezza civile” che ricorda la lezione di Nazim Hikmet, il quale scrisse:

“Senti la tristezza del ramo che si secca/ del pianeta che si spenge/ dell’animale infermo/ ma innanzi tutto la tristezza dell’uomo”.
Ecco, nel libro di Menotti Galeotti, si avverte una tristezza storica, per l’uomo che vive la dolorosa prova della strada, che oggi è solo un luogo da percorrere da/a.
E lungo il suo tragitto non c’è spazio per la vita o, per meglio dire, per la vita partecipata, rimane solo la “casa degli emarginati” dove la pietas è assente.
Anche il dolore, nella poesia di Galeotti, non diviene retorica, bensì, all’opposto, voce smorzata, attonita, quasi incredula degli eventi.

E’ il quotidiano, con le sue continue ferite, a vibrare nel cuore del poeta e noi ne riceviamo la “versione” più giusta, la più profonda e vera, ridotta all’essenza di un pathos asciutto.
Di grande evidenza l’impatto fra civiltà, proprio a livello di vita minima e perciò trascurata, come l’incontro dello sguardo nero, nuovo, di una piccola migrante e quello di un anziano ormai, invece, stanco e deluso. Chi si pone domande sul proprio futuro e chi più non ha risposte dal presente.
Siamo pure lontani da ogni forma di polemica o di bozzettismo perché subito alta si fa la voce di Galeotti per i “dimenticati”: “Spezziamo insieme/ il nostro pane/ fratello Nero” (Pasqua 2012).
Nelle storie di strada si cammina sempre verso l’altro, come accade in questa opera, cosicché “si fa chiara quella meta” verso la quale tendiamo e la tristezza viene illuminata da un sentimento inestinguibile di solidarietà.

DOPO L’APPRODO

Asciugami – chiese –
i panni laceri di mare                                
stentava nel movimento
gli occhi nelle fosse livide.
E si nascose nel buio …
il viaggio da lidi lontani
fuggito alla fame
per una terra d’asilo.

 

 

DI FRONTE

Che occhi neri di bambina straniera
fissavano le tue pupille anziane
bianche di lacrimosa specie.
Era un marzo tiepido

 

 

Recensione
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