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L’ epitaffio della tomba della sirena Ligea presso Terina,
oggi territorio di Nocera Terinese
Frà Girolamo Marafioti (Polistena, 1567-1626 [la data della morte è incerta],
autore de Croniche et antichità di Calabria, in Padova ad istanza de
gl’Uniti MDCI) scrive che fino al suo tempo vedevasi in un vecchio muro di poco
alzato da terra all’ uscita del fiume Lavato, altre volte indicato col nome di
Ocinaro, sotto la città, nei tempi antichi Terina, in questi presenti Nocera
della Pietra della Nave di Arata (oggigiorno, Nocera Terinese, nella
circoscrizione amministrativa della Città Metropolitana di Catanzaro),
precisando ch’egli suppone essere il sepolcro di Ligia Sirena, la seguente
iscrizione:
LIGEIA QANEI
Z. D. R.
Il Marafioti traduce le prime due parole dell’epitaffio dalla originaria lingua
greca antica in quella latina nel modo seguente: “LIGIA MORITUR”
(LIGEA MUORE), lasciando, egli aggiunge, a più acuto ingegno la
interpretazione e il senso delle tre lettere
Z. D. P.
che corrispondono
alle lettere dell’alfabeto latino, e anche di quello italiano, Z. D. R.-
Anche il cappuccino Giovanni Fiore (Cropani 1622-1683, autore de Della
Calabria Illustrata, Opera Varia Istorica, in Napoli, MDCXCI) riporta la
medesima notizia, tale e quale quella tràdita dal Marafioti, sia per quanto
attiene alla effettiva esistenza del sepolcro con l’epitaffio riportato (che,
dal modo come ne scrive, deve sicuramente averlo visto di persona come il suo
confratello) allocato nella zona topografica indicata dal Marafioti, sia per
quanto attiene al senso assolutamente enigmatico e, quindi, incomprensibile
dell’iscrizione che, sino ad oggi, non ha avuto una soluzione.
E’, dunque, un tempo astronomico quello nel quale il problema proposto è rimasto
insoluto. Infatti, occorre tenere presente che, non solo nel 1600 i due autori
sopra citati non sono stati in grado di proporre una soluzione plausibile
dell’enigmatica iscrizione, quanto nessuno degli studiosi che li hanno
preceduti, ai quali, pure, vengono effettuati numerosi riferimenti con puntuale
annotazione della loro copiosa bibliografia, era riuscito a dare un senso
compiuto, al di là del loro riconoscimento alfabetico, a quelle tre lettere.
L’enigma è rimasto tale anche per gli studiosi ed esperti della materia che si
sono succeduti dal 1600 sino ai nostri giorni.
Per quanto ci riguarda, soprattutto nel tentativo di trovare, finalmente, una
soluzione plausibile, avevamo anche contattato cattedratici di chiarissima fama,
veri luminari della storia, dell’archeologia e della linguistica, ma senza
risultati utili, anzi abbiamo avvertito, di fronte ad evidenti incapacità e
impotenza risolutorie, una specie di evidenti fastidio e disappunto.
Poiché, però, siamo convinti che per ogni problema debba ricercarsi una
soluzione (meglio ancora se fosse la soluzione) e che quanto più esso
appaia arduo, tanto più sia meritevole di essere risolto, ci siamo dedicati
anima e corpo, a volte tralasciando o posponendo anche impegni professionali,
alla risoluzione di tale nodo gordiano. Sono mallevatore di noi stessi nel
dichiarare che l’intento non è stato quello di tentare di essere annoverati
tra i più acuti ingegni, cui allude Marafioti, ma, se possibile, di
pervenire ad un approdo di tranquilla certezza, per consegnare alla storia
un’altra verità per quanto piccola essa possa essere. Riportando un pensiero di
Fernand Braudel, ricordiamo che la Grande Storia è costituita dall’insieme di
tante piccole verità.
Le lettere della lingua greca, che hanno generato l’enigma plurisecolare del
quale ci stiamo occupando, sono
Z. D. R.
(scritte in
caratteri minuscoli, diventano:
z. d. r.),
di cui la prima
é una zeta, la seconda un delta (corrispondente alla quarta
lettera dell’alfabeto italiano) e la terza una
rw-erre.
Il lavoro condotto è stato indirizzato, prima di tutto, al riferimento delle
nozioni, per lo più di natura mitologica, relative al personaggio al quale si
riferisce l’epitaffio della sua tomba, ossia la sirena Ligea, detta la
Melodiosa, figlia di Melpomene e del fiume Acheloo, la quale, secondo il più
diffuso racconto letterario-mitologico (ex plurimis: Pietro Carrera-
Messina 1573-1647)
abitava, assieme alle sue due consorelle, Partenope e Leucosia, la riviera di
Catania. Spostatasi dallo Ionio nel mare Tirreno e trovandosi a transitare
dinanzi la terra dei Bruzi, Ligea morì annegata, per volontà di Demetra che,
così, ha inteso punirla per non avere ella preso le difese di sua figlia
Proserpina, quando venne rapita da Ade.
Secondo il racconto di
Λυκόφρων,
Licofrone (Calcide330
a.C.--circaIV
secolo a.C.)
nella
Cassandra, vv. 726-731), già
ai tempi in cui visse, era dato acquisito in letteratura quello secondo cui
Ligea venne seppellita dalle genti marinare poco discosto dal fiume
Savuto (un tempo Wcinarws), proprio nella bocca dove era
il porto di Terina ove di presente vi si vede il sepolcro con
l’iscrizione, come afferma Marafioti.
Il riferimento di base da noi effettuato al racconto mitologico che, ai tempi di
riferimento, non poteva essere sconosciuto all’ignoto autore dell’epigrafe, in
una con l’evidente conoscenza della lingua di Omero, ci ha aiutato alquanto
nella decrittazione dell’acronimo, nel modo come viene di seguito argomentato
sub 1, 2, 3.
1)Dopo
avere preso in esame la prima lettera, che a latere viene riportata sia
nella forma maiuscola (Z) , che in
quella minuscola (z),
entrambe
=
zhta-zeta
e, scartata ogni improvvisata soluzione, siamo giunti alla conclusione che essa
rappresenta la lettera iniziale (acronima) del termine greco
zwsa
(zosa), participio passato con desinenza femminile del verbo zaw
= vivere e, quindi, riferita a Ligea, “vissuta”;
2)Segue
la seconda lettera, anch’essa riportata di seguito nella forma maiuscola (D)
e minuscola (d),
entrambe = delta-delta,
quarta lettera dell’alfabeto greco, corrispondente alla nostra “D”--“d”;
essa rappresenta la lettera iniziale del termine greco
dwdecamhnos = di dodici mesi,
id est “di un anno-annuale”;
3)Terminiamo
con l’esame della terza e ultima lettera dell’epitaffio, che riportiamo nella
forma maiuscola (R)
e in quella minuscola (r),
entrambe = rw-erre),
diciassettesima lettera dell’alfabeto greco la quale, scritta nel modo seguente
r’,
assume, nella lingua greca, il coefficiente simbolico-numerale di 100,
per cui r’=cento.
In conclusione, moltiplicando per cento i dodici mesi del termine dwdecamhnos, si consegue il
risultato finale di cento anni, di modo che l’epitaffio debba essere
completato nel modo seguente:
LIGEIA QANEI Z(wsa) D(wdecamhnos)
R’(w)
LIGEIA QANEI ZWSA DWDEKAMHNOS
RW
MUORE LIGEA VISSUTA CENTO ANNI
Adesso sembra l'uovo di Colombo, ma non dimentichiamo che questo epitaffio ha
avuto una esistenza plurisecolare durante la quale le tre lettere alfabetiche
finali che lo compongono sono risultate un enigma per tutti.
Solo per completezza, si evidenzia come il risultato ermeneutico ottenuto sia
perfettamente coincidente, andando così a rafforzarlo ulteriormente, con il
racconto mitologico tràdito, riguardante la figura della divinità marina
considerata.
Intanto, ribadiamo che non v'è motivo alcuno
per avanzare dubbi sulle affermazioni dei due eruditi religiosi, Marafioti e
Fiore, quando essi affermano di avere avuto cognizione diretta, de visu,
del sepolcro e della iscrizione funeraria, e ciò sia per la descrizione che
fanno del piccolo monumento funerario e della sua ubicazione (assolutamente
coincidente con quella indicata da Licofrone nella Cassandra), sia per il
preciso riporto dell’epitaffio nella originale lingua greca e con l’esatta e
particolare espressione grafica delle lettere, sia, infine, ma non per ultimo,
perché non avrebbero avuto, entrambi, alcun motivo (come uomini, come religiosi,
come scrittori di cose patrie calabresi) giustificabile per dovere inventarsi un
racconto del genere, sul quale avremmo dovuto, oggi. chiederci: cui prodest?
L’annotazione che precede richiama alla nostra memoria due altre osservazioni
personalmente effettuate dal Marafioti (testo cit.), dalle quali è fin troppo
agevole ricavare la circostanza secondo cui Marafioti visitò i luoghi dei suoi
riferimenti e questo perché tali annotazioni sono di una puntualità
millimetrica. Quelle che seguono sono, appunto, le due descrizioni topografiche
scritte da questo autore.
La prima:
"Passato Castiglione incontra uno scoglio in mare chiamato Pietra della
Nave…nelle scritture dé cosmografi è chiamato Scoglio Terineo, per lo dritto del
quale nella parte di sovra in mezzo una larga pianura appaiono le antiche
mura di una città distrutta, chiamata Terina”.
La seconda:
“Nocera Terra edificata sulle vette di deliziosa collina…; Paese assai buono
della Calabria Citeriore discosto due miglia in circa dal mare ed un miglio
piccolo dalla antichissima e celebrata Terina, dalle cui rovine risorse, circa
il novecento”
Allo stesso tempo, riteniamo che vada parimenti scartato un altro, possibile
dubbio che quivis de populo potrebbe avanzare circa l’autenticità e
originalità, sia della tomba, che della iscrizione funebre.
Come già preannunciato, tale ipotizzata evenienza merita di essere fugata
proprio a motivo della particolarità della iscrizione che è stata un rompicapo
per secoli e secoli per noi tutti. L’uso di quei termini, dei quali viene
scritto soltanto il loro incipit letterale, acronimizzati, fa pensare,
più ed oltre, ad una padronanza assoluta della lingua greca, ad una consuetudine
di tipo demotico, talmente diffusa, da consentire l’uso erga omnes di
quel modo di esprimersi, divenuto certamente convenzionale, con la certezza che,
proprio per questo, fosse intellegibile a tutti.
Se, poi, qualcheduno avesse voglia di andare a cercare il classico pelo
nell’uovo e venisse a rammentarci che, essendo Ligea un mito, non abbia senso
sostenere l’esistenza di una tomba nella quale si dica che in essa sia tumulato
il suo corpo, noi risponderemmo che ab immemorabili, oltre alle tombe,
sono esistiti, ed esistono ancora, anche i cenotafi.
Bibliografia
12
Fiore G. , Della Calabria
Illustrata, Opera Varia Istorica, in Napoli, MDCXCI;
12
Manfredi-Gigliotti M. ,
TERHNEWN, Memorie storiche sull’antica
città di Terina,
Pungitopo 1984;
12
Manfredi-Gigliotti M. ,TEMYA-TEMHSH,
Memorie storiche sulla antica città di Temesa, con particolare riguardo
all’individuazione del suo sito, Ed. Brenner 1994;
12
Manfredi-Gigliotti M. ,
Lukofrwn kai Wkinarws, Licofrone e il fiume Savuto,
Ma. Per. Editrice 2010;
12
Marafioti G. , Croniche et
antichità di Calabria, in Padova ad istanza de gl’Uniti MDCI.
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Materiale |
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