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Un recente saggio della scrittrice e poetessa friulana Claudia
Manuela Turco raccoglie ricordi ed emozioni dell’artista Gianni Sesia della
Merla attraverso un’attenta ricostruzione diacronica delle tappe di vita e
dell’arte. Gianni Sesia della Merla nasce il 24 marzo del 1934 e, ancor in
grembo, nota aneddoticamente la Turco, il futuro pittore si sente legato alla
rappresentazione estetica attraverso la passione della madre. Si tratta di un
testo ben schematico che passa in rassegna momenti più o meno belli a partire
dagli studi elementari, dalle prime prove artistiche sui muri delle case o
sull’eternit per giungere alla consapevolezza di essere «un istintivo colorista
per natura». Un accenno meritano anche gli incontri fondanti per la sua carriera
artistica: con il maestro Ghivarello e con il maestro Campigli.
Ma sin dalle prime sperimentazioni, che come si sa all’inizio
appaiono sempre riluttanti, Sesia della Merla appare legato ad un percorso
espressionistico in cui è presente la tradizione piemontese. Tradizione
piemontese e sperimentalismo che aprono i grandi contatti con autori come
Guttuso, Annigoni, Sassu e Fiume. Un percorso artistico che bada al concetto e
non solo all’effetto ottico, che urla la verità anziché dissimularla, che
considera la realtà rappresentata come espressione dell’io. L’innaturalismo,
però, non tralascia l’importanza dello spazio che, a volte composito a volte
immediato, coinvolge i soggetti rappresentati. Il Nostro sembra accogliere
quell’invito fatto qualche decennio prima da Kichner, il quale si appellava a
coloro che «riproducono con immediatezza ciò che li spinge a creare». Libertà
d’espressione ed immediatezza sono difatti due caratteri che emergono dal saggio
della Turco. Mantenere la quarta dimensione, quella temporale, e la spazialità
costituiscono capisaldi dell’ultima produzione, dai risvolti fantascientifici,
come La mia Moncalieri, anno 3517. Si tratta di un’opera dal vibrante
timbro cromatico, che concentra l’attenzione sulla luna e sul castello, aura di
un tempo perduto ma conservato, verso cui confluiscono due navicelle spaziali. A
ciò si affiancano fasci di luce e palazzi, che sviando l’andatura prospettica,
coinvolgono il resto della visione.
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Recensione |
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