| |
Emanuele Giudice ha scelto, come epigrafe della silloge
Il tempo adunco che ci
artiglia, una poesia contenuta in Ora che il sogno e pietra, una sua precedente
raccolta pubblicata alla fine degli anni novanta. I versi fanno da prologo a
un discorso ben radicato nell'anima: "... rido sui balconi | sbeffeggiando la
morte. | So | che finisce la partita | ma non t'illudere | d'avermi stanotte al
capolinea, in disarmo, | le mani offerte alle catene...". Il suo dialogo con
l'Essere, impenetrabile, irrazionale, lontano, continua, come sempre, con la
stessa testarda passione. Ma la voce, dal timbro inconfondibile, è divenuta,
ora, nell'altezza e nel tono, più matura e accorata. Gli anni trascorsi, lungi
dal renderla monotona e fioca, ne hanno arricchito di sfumature e di echi la
sostanza e la veste, adeguandola alla complessità di un'indagine sempre più
temeraria e profonda.
Il dialogo di Emanuele Giudice parte svantaggiato, sembra essere dannato sin
dall'inizio a restare malinconico e infecondo monologo, in virtù dello scarto
tra la voce minuscola, caduca e fragile di un singolo che si confronta con
quella smisurata, eterna e potente dell'Essere. Il poeta ne è consapevole. Lui
sa: agli uomini non è dato "sciogliere il senso | di questo assurdo dondolare
|
nell'amaca incerta | che accoglie le brezze dei mattini | e all'alternarsi di
misteri | al crogiolo dei giorni (li) consegna, | sfuggenti alla fame di conteggi,
| esposti a vane rincorse | d'orizzonti". Lui sa, ma continua a parlare, a
esplorare, a cercare un lessico nuovo, un codice adatto a consentigli di farsi
ascoltare, un'antenna capace di fargli captare, sia pure tenue e lontano, l'eco
almeno di un accenno di risposta...
Emanuele Giudice non si lascia sedurre dalle tristi sirene del pessimismo; il
suo peregrinare nel gran mare dell'Essere è stato fruttuoso. Gli ha fatto
scoprire che la risposta è voce di dentro, consapevolezza dell'attimo, amore
caparbio germogliante su perle di luce, distensione dell'anima, fede nella
parola illuminante e salvifica, presenza viva di uomini fermi tenaci sugli orli
della notte... esuli apolidi in terre sconosciute.
| |
|
Recensione |
|