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Solitudini
Amarezza, disincanto e dolore, nei tredici racconti della raccolta Solitudini
di Anna Gertrude Pessina. Donna tenace e
intellettuale colta, che ha fatto della scrittura lo strumento privilegiato per
scandagliare l'esistenza e denudarne il volto inquietante e plumbeo, ancora una
volta l'artista campana riesce a coinvolgere i lettori con quello che dice e per
il modo inconfondibile in cui sa dirlo.
La società
è attraversata da una sorta d'inguaribile delirio che si
materializza in una serie di segnali sempre più vistosi: misconoscimento dei
fini, atrofizzazione dei sentimenti, arrivismo, relativismo, azzeramento e
capovolgimento delle priorità, egotismo... Un vortice possente è stato generato
dallo scontro tra il 'monsone invernale' del ventesimo secolo e quello 'estivo'
del secolo ventunesimo: tutto si è fatto più veloce, raggiungendo ritmi
impensati e impensabili appena mezzo secolo fa; si sono fatte più robuste le
barriere che imprigionano il singolo, riducendone gli spazi vitali e
depredandone quel che gli resta di libertà e dignità. La società è gravata da
"retaggi mai dismessi", da "antiche e nuove sopraffazioni" che angustiano i
dannati al ruolo di deboli dalla natura o, peggio, da una cultura partigiana,
ideologizzata, addomesticata dal capitale, resa bieca dalla smania dell'avere,
in totale e sfrontato disprezzo della persona e delle sue inderogabili priorità.
Altri erano gli ideali e i sogni che la scrittrice ha difeso e coltivato nei
suoi anni giovanili, allorché progettava un mondo più giusto, libero da violenze
e totalitarismi. Quando, poi, da docente avida di nutrirsi di arte e di
progetti, aveva cominciato a frequentare Roma, si era abituata a gustarne la
bellezza e a dialogare accorata con gli amici sulle scelte e sui pensieri che
avrebbero rigenerato il mondo. Nutriva ancora fiducia, allora, nei numi tutelari
della cultura e della scrittura. Di quest'ultima, soprattutto. Ora sa. Non basta
possedere contenuti sostanziosi e abilità di penna, per affermarsi. Sa, per
esperienza, che quanto si va scrivendo viene "sottostimato dalla piccola
editoria", sempre più in balia di una "combriccola di cortigiani: vil razza
dannata", e dalla grande, ormai quasi completamente affidata all'arbitrio "una
gang di businessmen".
Ora che il tempo si è fatto polvere, i fotogrammi del passato scivolano
disincantati sullo schermo della memoria. A Roma, la scrittrice è costretta a
recarsi per motivi diversi e con spirito dolente: ha da affrontare le trappole e
le astuzie della legge, in difesa dei diritti di chi, segnato dalla malattia è
inerme, non ha ormai voce sufficiente per dire le proprie ragioni. "Roma
stregata", col suo "rosso vermiglio al tramonto" e con le "pennellate di zaffiro
all'alba" la tiene avvinta, come sempre. Adesso, però, é stanca, fragile e
donchisciottesca guerriera costretta a misurarsi con i giganti di sempre.
Tuttavia, non si arrende; dice di sentirsi accomunata, per indole e per destino,
alla città eterna, tante volte distrutta e altrettante rinata più vigorosa e
viva dalle sue ceneri, 'araba fenice'. Come lei che, nonostante tutto, ancora
una volta ha saputo rialzarsi e riprendere a volare col cuore e con la magia
delle parole.
In ognuna delle eroine di Solitudini c'è un frammento di esistenza, sezionato
sin nelle sue zone pù inesplorate: Germana, venerata e poi tradita da Andrea;
Amanda, vinta dal caso beffardo; 'Capelli rossi e corvini', l'enigmatica e
sensuale protagonista della Missione Nuova Salomè; Ginevra, vittima di bondage
o, forse, assassinata; la cardiologa arrivista, corrotta e spietata...
Solitudini diverse, subite o inflitte, in personaggi descritti con mano sicura e
non comune capacità empatica di comprenderne e svelarne l'universo interiore, di
interpretarne i linguaggi, le voci, i silenzi. E poi ricordi, rapidi guizzi di
luce e di fuoco. Solitudini altre: la dittatura; il piccolo universo familiare
fatto di fatica e di progetti; la guerra, i bombardamenti, l'orrore, la fuga; la
resistenza; il riciclarsi dei potenti, gli equivoci, il crollo inesorabile dei
sogni. E ancora: il testardo proposito di restare fedele alla ragione, di non
lasciarsi drogare dalla fede; la lucida consapevolezza che, alla fine
dell'inquietante e spesso tormentata avventura, c'è solamente il Nulla.
'Metamorfosare', 'sbozzolarsi', 'deroutinizzare', 'filigranare', 'cuneare';
'disanimava', mortificava', 'perimetravano', 'previsionavo'; 'nerbante',
'cattivante', 'deflagrazioni nell'abbaino della mente'... E solo un campione del
linguaggio fresco, graffiante e originale di un modo di narrare che sa
mescolare, con abilità e con intento funzionale alla sostanza da rappresentare,
classica compostezza, raffinati e coloriti virtuosismi barocchi e sperimentalismo
funambolesco e addirittura temerario.
Anna Gertrude Pessina, come sempre, lascia il segno nel lettore. Per
l'altezza del messaggio che trasmette. E per la gradevolezza e l'efficacia del
suo vocabolario e della sua sintassi.
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Recensione |
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