| |
Nella silloge L’ultima fuga di Daniela Quieti, il tema
dominante – pur fra tanti nodi ispirativi che tuttavia convergono anche
indirettamente su quello fondamentale – è quello dell’incontro d’amore, che
tuttavia si configura in questo caso come struttura portante di un eloquio
dominato essenzialmente da una forte e compiuta esigenza di linguaggio. Si vuol
dire che la tensione espressiva si presenta di per sé come matrice totale di un
confronto in cui l’essenzialità dell’eloquio poetico assume tonalità fortemente
suasive, improntate ad un doloroso, talora drammatico duellare con la parola, di
continuo eretta e promossa a compiuta sostanza di fondo.
Tutto questo va
sviluppandosi – sul filo di un ritmo evolutivo che si prospetta come punto di
forza dell’intera silloge – non soltanto nel totale rispetto di un processo
naturale di percorsi interiori di determinata coerenza, ma anche sul filo di un
rilevante ritmo, in grado di produrre scansioni poetiche e rese estetiche di
notevole significato critico. E allora “nuotare il fiume”, risalire o lasciarsi
andare al moto della corrente – come accade di leggere in una poesia esemplare
della raccolta – vuol dire affidare al viaggio una connotazione di identità che
dal privato risale all’universo, entro il quale la confessione di una propria
sommessa identità a confronto della smisurata ampiezza dell’universo, riflette
un pensiero, realizzato attraverso il “non detto”, che assicura a questi versi
un privilegiato posto di serio rilievo nel paesaggio composito della poesia
contemporanea.
| |
 |
Recensione |
|