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Presentazione dell'opera letteraria di Francesco Alberto Giunta

Per conoscere l’opera di Francesco Alberto Giunta, di scrittore, di saggista e di giornalista ritengo sia stato utile avere ascoltato la poesia Passato, appena letta dall’attrice Mila Vannucci. Lettura molto utile perché fornisce in un certo senso la chiave di quelli che sono i due temi fondamentali, le strutture portanti dell’opera non solo di narratore, ma di saggista e di giornalista di Giunta. Da una parte questa “memoria” che continuamente filtra nella contemporaneità, penetra nel presente, nella società, nella vita. Questo vuol dire che uno degli sforzi fondamentali che Giunta va facendo da anni, attraverso il suo lavoro di scrittore, è quello di costruire una identità, un’immagine dell’uomo che consenta di prendere il soggetto stesso nella sua totalità, “l’uomo nella totalità dell’essere” (questa una frase che rubo da Jean Paul Sartre del quale mi sono occupato a lungo e che da questo punto di vista, proprio nei confronti della ricognizione dell’indagine sul pianeta uomo, ha vissuto certamente angosciosa, da protagonista). Per cui in Giunta, dicevo, da una parte c’è questa' “memoria” che filtra nel presente, vive nella contemporaneità e tale processo consente e l’abbiamo ascoltato da alcuni passaggi della sua poesia) di non lasciare cadere mai il polo di un vizio, diciamo, non di malinconia, in un atteggiamento nostalgico, cioè non mi pare di poter dire che Giunta vada a confluire in quella letteratura meridionale, in quella narrativa del sud che, molto appropriatamente, Carlo Bo una volta definì “letteratura da stato d’assedio”, intendendo proprio certi atteggiamenti, probabilmente molto lamentosi, troppo legati ad un vizio, ad una soggezione secolare che, d’altronde, appartengono alla storia e quindi sono estremamente legittimi. Però io credo che sia altrettanto importante, a proposito di questa memoria, sottolineare la natura di questo scrittore siciliano nel momento in cui decide un “congedo” dalla propria terra per un “viaggio”. Infatti, il romanzo Notizie da via Daniele si può interpretare anche come un “viaggio di andata e ritorno”. Di tali viaggi, d’altra parte, nella letteratura di matrice siciliana, ne abbiamo un’infinità, da Elio Vittorini fino all’ultimo romanzo di Consolo.

Questa fuga, nel romanzo di Giunta, che poi non è una fuga perché il protagonista resta attaccato, agganciato a certe radici che non possono essere dimenticate, che non possono venire cancellate per cui tutto il problema della filtrazione, dell’inurbamento, del processo migratorio dall’isola verso il continente è un fenomeno che, invece di provocare forme o manifestazioni di oblio o di memorie, formano e provocano proprio il fenomeno opposto cioè quello di un “regret”, come diceva Gaston Bachelard (secondo Georges Poulet) “la pensée de Bachelard débute par l’inverse d’un cogito; elle refuse de prendre appui, antérieurement à ce qu’elle pense, dans l’être même de celui qui penserò”, di un sogno che continuamente filtra nella realtà. Nel momento in cui esso diventa realtà nasce immediatamente il bisogno suggestivo, affascinante, di recuperare ovviamente le proprie radici e quindi di ritornare alla logica della propria terra, del proprio spazio che è, senza dubbio, uno spazio di vitalità. Tutto questo è chiaramente percettibile nei libri di Giunta e chiaramente individuabile in quella storia raccontata nel romanzo Viaggiando sulla strada e ancora presente, in modo sicuramente più risolto, più compiuto perché la misura e la dimensione novellistica della storia di quel racconto filtrano in un ampliamento, in uno spazio molto più vasto, esaustivo, esauriente, che è appunto quello del romanzo.

Se una dote, un merito, fra gli altri, debbo individuare come prevalente, come privilegiato nell’opera di narratore di Giunta, questo rapporto, questo legame, questa condizione di aggancio che continuamente riesca lo scrittore a stabilire tra “immaginazione e memoria”. E quindi, “immaginazione” è l’altro polo, l’altro tema a doppia struttura portante. E tra l’una e l’altra, fra il creativo, tutto costruito o edificato sul progetto dell’immaginario da una parte e questa “memoria” continuamente filtrata dal presente, in mezzo, proprio a fare da precisa, da netta mediazione, troviamo il “linguaggio”, la scrittura estremamente semplice, piana, che però non è mai una scrittura che scade nel medio-basso del registro linguistico. È una scrittura per certi aspetti estremamente raffinata in cui se è possibile individuare certe frange di sperimentazione linguistiche esse risultano estremamente controllate; estremamente rigorose per cui non c’è mai un azzardo che potrebbe sembrare pericoloso e rischioso; un approdo che poi contrasterebbe anche con certi nuclei tematici che sono presenti in particolare nell’ultimo romanzo Notizie da via Daniele per il quale, credo, che si possa dire tranquillamente che si tratta di un’operazione di sdoppiamento; cioè la figura di Alberto, il protagonista del romanzo, è una figura che continuamente s’innesta e s'inserisce nell’io autobiografico per poi liberarsene e quindi condurre una sua vita autonoma, indipendente. Questa è la conseguenza perché da parte di Alberto si viva una sorta di educazione sentimentale, tutta particolare però in quanto fatta continuamente, costruita ed edificata sulla base, sulle fondamenta di questa fuga e di questo ritorno, quindi di questo andare e tornare che appartengono al processo migratorio dell’intellettuale Giunta, nato in Sicilia, ma che si trasferisce nel continente. Esempi del genere ne abbiamo quanti ne vogliamo nella nostra storia letteraria contemporanea, da Verga a Capuana, fino a Pirandello, perfino a Sciascia che ha vissuto questa esperienza, anche se il suo tipo di emigrazione è andato oltre l’Italia ed ha avuto come punto di riferimento un traslato ancora più cosmopolita come, appunto, la Parigi nella quale ha vissuto per tanto tempo e dove ha consumato tanta della sua attività di intellettuale. Anche Giunta ha vissuto per anni all’estero, prima per studiare in Belgio ed in Olanda, in seguito per viaggiare attraverso i paesi dell’Europa che allora, abbattuto il principio delle piccole patrie, si avviavano verso forme di cooperazione economica con aspirazione a quella completa e più vasta socio-politica. In un secondo tempo anche il nostro ha vissuto per anni nella Parigi degli intellettuali, ricca di spiriti originali e di avanguardia, scegliendo poi la strada del ritorno per contingenze che qui non è la sede di trattare.

Ritornando al tema della scrittura e come essa si sviluppa attraverso l’educazione sentimentale del protagonista nel romanzo di Francesco Alberto Giunta, vediamo come il protagonista stesso, Alberto, questo alter ego dell’autore, questo io narrante continuamente mimetizzato, nascosto, ma che viene continuamente fuori attraverso certi frangenti che non appartengono più all’attività mimetica in quanto vivono e si muovono invece nella soluzione del reale concreto che ci circonda, ella realtà esterna; questo protagonista è costretto dagli eventi, dalle circostanze, dalle incidenze della vita, a confrontarsi con quel punto di riferimento che nella terra natale, nella Sicilia, è sicuramente punto fondamentale e dal quale non riesce a sfuggire, ad evitare. Cioè la storia, con la esse maiuscola. La storia non solo come sequenza di fatti, come coagulazione di eventi e di episodi, ma la storia intesa anche, e forse soprattutto, come attività dei destini umani, come coinvolgimento e come possibilità di analizzare, di vedere e di osservare lucidamente quelli che sono i quadri della vita, i momenti esiziali, come se davanti agli occhi del narratore scorresse una sorta di replay in una immaginaria moviola tra una azione, una vita, una convergenza di destini secolari che trovano la loro realtà nella realizzazione, nella necessità, nella esigenza della fuga dal tempo, dalla storia e dove l’unico rifugio possibile, l’unico posto sicuro che un viaggio di questo genere può consentire è la fuga nell’immaginario, che si realizza attraverso lo stile, la parola e la scrittura.

Accade di scorgere qualche volta nella prosa di Giunta una sorta di innamoramento nei riguardi della propria pagina, quasi a riflettersi continuamente nella scrittura e allora, in quel momento, ciò che all’apparenza potrebbe sembrare soltanto un “viaggio esterno”, una fuga dall’isola, un inserimento in una realtà urbana, come quella di una città appartenente alla logica della megalopoli, soccorre la scrittura come sollievo, come farmaco, come proprio nell’interpretazione dell’arte come riscatto della creatività e di tutta una serie di condizionamenti che provengono da vizi d’infanzia, che provengono da certe condizioni che, probabilmente sono realtà secolari dell’isola (sebbene un discorso contiguo si potrebbe fare per tanta parte del sud d’Italia).

Quindi credo di poter dire che il linguaggio, la scrittura e la possibilità di filtrare attraverso lo specchio della parola, attraverso il riflesso dell’immagine che si fa lingua, frase, periodo siano l’altra delle strutture portanti dell’opera letteraria di Giunta e non soltanto nei due citati romanzi, ma anche nel testo successivo e che gli auguro venga rapidamente pubblicato. Infatti, tutto ciò che ho potuto individuare in positivo nelle sue opere precedenti, in questo testo, ancora inedito, trova una sua particolare capacità di sintesi, una sua forza di lancio estremamente matura anche perché Giunta è uno scrittore che vive passionalmente e quindi, anche a livello istintuale, vive il trauma esistenziale del nostro tempo. Questo vuol dire, e qui vorrei agganciarmi alla sua attività di giornalista e di saggista, che Giunta ha una sua capacità e una sua forza d’incidenza nel tessuto del reale anche quando la sua attività è legata ad avvenimenti apparentemente di non molta rilevanza, in certe forme di giornalismo che possono sembrare improvvisate, frettolose e quindi legate soltanto alla transitorietà del tempo, questo tempo episodico, transeunte, come diceva Benedetto Croce, che quindi non si riesce ad afferrare perché è avanti a noi, fugge continuamente e non si riesce a stargli dietro. La capacità di Giunta giornalista, sia che si tratti di servizi di grande impegno culturale e sociale, sia di quelli di minore rilevanza, che possono riguardare occasioni se vogliamo anche banali, come quelle dei premi letterari, è di fornirgli spunto per riprendere a considerare i destini dell’uomo per cui quando gli viene quell’occasione, che può nascere dagli eventi o dalla storia, egli riesce sempre a realizzare questi processi sociali attraverso una rilevante forza di incidenza nella vita sociale, nella vita civile del nostro paese.

Queste quattro attività di Francesco Alberto Giunta: narratore, poeta, giornalista e saggista, non sono assolutamente isolabili, ma formano un coagulo esemplare. E questo è un fenomeno abbastanza atipico nel paesaggio della cultura contemporanea, cioè di un giornalista che riesce ad incidere così profondamente nella realtà e un narratore che sa trovare questo perfetto equilibrio tra “immaginazione” e “memoria”.
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