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Pagine. Sul filo sottile del tempo

Nei racconti di Lilia Slomp Ferrari, brevi e intensi dal titolo “Pagine Sul filo sottile del tempo” esala l’odore del tempo, palpitano le memorie dei luoghi dove la scrittrice ha trascorso l’esistenza nell’arco degli anni. Il centro del mondo contadino e affettivo è rappresentato dai Casóni, un quartiere popolare dove alla fontana, le lavandaie parlando il gustoso dialetto trentino, sciacquano i panni e, fra «bugade» e «lissiare» si rovinano le mani.

I Casóni raffigurano pure la drammatica realtà dei molti operai trentini addetti alle officine della SLOI, la fabbrica da cui esala il letale veleno al piombo tetraetile, da cui è colpito l’amatissimo papà di Lilia. Aggredito dalla malattia che impiomba sangue e polmoni, egli si salva per miracolo: un brano fra i più terribili del libro.

Quello del padre, se non il motivo conduttore, è un filo che si snoda e lega profondamente il padre e la scrittrice. Li fa vivere in un mondo incantato: in un orto giornalmente curato, che diviene motivo di vita - Evapora, pertanto, un’esistenza fantastica, brulicante di grilli e farfalle, di gnomi e Vivane nelle selve e nei boschi -

I racconti sono legati da un senso e da un tono sicuramente realistici - ma insieme fiabeschi - .In uno stile frequentemente lirico, il centro prosastico e poetico risiede in una mistura di realtà - sogno, favola - dramma, che permea l’esistenza. È la vita infatti, intimamente unita al tempo, il centro motore di “Pagine”, in cui è descritta la tramontata società agraria (che è insieme civiltà) con i paesaggi avvolti nel mito.

Pur se meno frequentata, è presente la madre, vista come una «regina», verso cui però è mancata la reciproca espansività dell’amore. Fra lei e Lilia sono venute a meno le esplosive espressioni gioiose, le vivacità gestuali «per quel fantasma di un “ti voglio bene” mancato».

E allo sposo Lilia dedica un racconto speciale, denso d’amore, fremente di lirismo, testimoniati da questa frase: “Forse non saprai mai che ti ho sussurrato le più belle parole d’amore”.

Con il ricordo della nonna fervente di preghiere rivive il gioco fantasioso degli angeli, originale davvero quello pelato.

Come già evidenziato, le pagine sono popolate da molti personaggi: dolcissimo il rapporto incantato con il fratello, i giochi magici con lui. E poi lo straccivendolo, il cui richiamo popolaresco «strazzaro» «strazzaro» crea un’atmosfera di un tempo antico; il venditore di coloniali nel suo negozio dai profumi deliziosi, il siór Peterlongo, una figura ricca di umanità, e ancora, la nonna Mìnchele.

In questa atmosfera si respirano gli odori di un tempo: di pane e olio, di fiori di zucca, di neve e di dolci natalizi, di polenta e sardine, di marmellate e liscive, i profumi incantevoli d’erba e mirtilli, di bosco e di rosa. Infine, fra tutto questo si staglia il personaggio limpido di Lilia, nipote e figlia, donna, sposa e madre e autentica scrittrice.

Racconti in un lungo arco di tempo, né manca quello più vicino e drammatico: la guerra e la Resistenza. Un insieme di eventi, donne, uomini, «matelòti» a formare una comunità, un paese, la storia di una gente.

In un italiano dai toni spesso lirici, la scrittrice interviene sovente con lunghi periodi in dialetto trentino, dove si accendono sapide espressioni popolari. Sorge così una commistione linguistica che rivela un altro modo di pensare e di sentire, di fantasticare e di vivere. Si tratta di una presa diretta con un «diverso animo» in un «differente» mondo, in un’«altra» realtà.

Intensa e partecipe la Prefazione di Mauro Neri, di cui mi piace citare questa bella riflessione: “In fondo il tuo è uno stupendo libro di educazione personale e di emancipazione sociale”.

La copertina si arricchisce di un ispirato disegno di Daniela Ferrari.

Recensione
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