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Racconti (im)parziali
Attraverso l’essenzialità dei piccoli avvenimenti narrati, quasi dei
flash, l’autrice riesce a comunicare al lettore che il suo libro è il risultato
di una lunga ricerca, la descrizione di quelle realtà che difficilmente si
riescono a collegare in un contesto sociale più ampio e a comprendere che
anch’esse sono il risultato di profonde trasformazioni. Un esempio è il brano
che narra la delusione del farmacista nei confronti delle donne che preferiscono
gli omogeneizzati ad ottimi brodini e pappine fatti in casa.
Situazioni paradossali, come la figlia del prete che si fidanza con il
generale, o Joe che rifiuta la signora di 70 anni perché sa bene quello che fa;
oppure il caso giudiziario fra la villeggiante e Sotiri per omissione di
soccorso, o Poppy che non resiste a vivere in America, o la storia di Dimitri,
fanno riaffiorare una difficoltà a lasciare le proprie abitudini, i propri
luoghi… fanno affiorare la resistenza alle proprie radici culturali.
I grandi avvenimenti storici sembrano relegati a quella parte del
cervello che Dimitri tenta di pesare. Solo Elefteria, e in parte altre figure
femminili, con il corpo, con le emozioni – categorie negate dalla storia
─ entra in contatto con la realtà, a
penetrarla, a confrontarla. Tutti gli altri personaggi sono prigionieri di una
identità che li fa essere altrove, in un mondo senza tempo e senza spazio.
Un altro tema di questo libro che mi ha interessato è l’incontro con
l’amore, il desiderio di una vita comune paritaria. Ci si aspetta che una donna
inizia a vivere solo e quando incontra l’amore. Elefteria non si sottrae a
questa sorte. Nei primi racconti la sincerità e l’immediatezza con cui i
sentimenti vengono espressi, manifestano l’utopia della protagonista a
conciliare nel rapporto amoroso aspettative che riguardano la sfera privata e
grandi idealità. Aspettative per una vita gloriosa e piena, quello che ogni
essere umano sogna, ma di cui una donna rimane abbagliata, perché pensarsi
attiva è già segno, non solo di novità, ma anche di trasgressione. La scrittrice
elude così nella scrittura la condizione di silenzio e di chiusura narcisistica
del soggetto su se stesso, verso la quale inesorabilmente tende l’amore. Tutti i
personaggi, da Tkisi a Cristos, a Dimitri, fino a Mimi e Cicciolina, sono
funzionali alla presa di coscienza della protagonista di piccole verità, a volte
nobili, a volte ignobili, e all’emergere di un quotidiano con i suoi sentimenti
ripetitivi che sembrano scandire il ritmo lento di una storia senza apparente
sviluppo, quello della vita di tutti i giorni che determina la vita di ogni
persona.
La Storia concitata, quella dei colonnelli, quella della speranza nella
democrazia, sembra essere altrove e completamente staccata da quei brevi episodi
di vita quotidiana, che invece avvolgono e coinvolgono la protagonista. Lo
sguardo è puntato esclusivamente al contesto della normalità del vivere, quella
normalità a cui difficilmente siamo abituati a dar valore e che è difficile da
rappresentare.
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Recensione |
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